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ANPI
Cividale del Friuli

la liberazione di Cividale

relazione del prof. Gian Carlo Bertuzzi

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Indubbiamente la forma e il modo con cui è avvenuta la liberazione di Cividale sono ancora oggi oggetto di differenti letture e anche di contrapposizioni.
Lo sono state nei giorni immediatamente successivi alle vicende in questione e negli anni a seguire, risentendo del clima conflittuale del dopoguerra, delle contrapposizioni politiche e ideologiche che si sono riprodotte anche in tempi più recenti.
Le polemiche e le contrapposizioni non devono avere spazio nella ricostruzione storica, ma ne condizionano inevitabilmente l’approccio. Nel caso specifico ci troviamo di fronte a fonti documentali coeve o testimoniali successive, a più o meno breve distanza dai fatti, che sono solo in parte coincidenti e spesso sono contradittorie. Le testimonianze successive, che non sono poche, risentono fortemente del clima di contrapposizione del dopoguerra, ma anche la documentazione coeva presenta contraddizioni, incongruenze e interpretazioni parziali dei fatti.
Bisogna tenere presente che anche un documento originale risente del contesto in cui è stato redatto, del carattere e della personalità di chi lo redige, delle finalità di chi lo scrive e anche del destinatario che spesso si vuole compiacere.
La quantità di relazioni partigiane, di memorie e di testimonianze di vario genere è piuttosto ampia e, in questo contesto, il compito dello studioso è quello di discriminare il materiale a disposizione, confrontare, razionalizzare e trovare una linea interpretativa. Questo non è né facile né immediato e non può portare a una oggettività di tipo notarile; lo storico fa delle scelte e percorre delle vie che sono anche personali.
Questa premessa era necessaria anche per spiegare il modo in cui ho svolto il mio lavoro di ricerca storica sulla Liberazione di Cividale.
Comincerei illustrando preliminarmente le condizioni di Cividale e del suo territorio almeno negli ultimi mesi di guerra. Cividale era un centro militarmente importante, contemporaneamente una sorta di retrovia e un centro operativo. In città erano insediati vari reparti di occupazione con compiti antipartigiani e repressivi e tristemente note sono le cosiddette Fosse del Natisone site dietro la caserma “Principe di Piemonte” (l’attuale caserma Francescatto). Negli ultimi mesi di guerra nella caserma Principe di Piemonte era insediata una compagnia di panzerjäger tedeschi con alcuni carri armati e, dall’aprile del 1944, un reggimento di cavalleria cosacca.
Ai primi di aprile si era trasferita dalla valle dell’Isonzo a San Pietro al Natisone la Compagnia Comando e un battaglione di alpini del Reggimento Alpini Tagliamento della RSI.
Nell’aprile del 1945 vanno segnalati almeno altri 4 insediamenti di tedeschi e cosacchi a Cividale. L’importanza dell’area è sottolineata da due progetti mai resi operativi: il trasferimento di Mussolini in queste zone in caso di sbarco o di una avanzata veloce dei alleati e lo spostamento dello stresso Comando della polizia SS di Trieste agli ordini di Globocnik in caso di sbarco alleato nel nord dell’Adriatico.
Negli ultimi giorni di aprile i tedeschi si ritirano verso la Pontebbana e verso Caporetto e proprio in quei ultimi giorni le unità eseguono delle manovre relative alla gestione delle forze militari che sono significative per il caso che ci riguarda.
Le truppe tedesche del Nordest passano sotto il comando delle truppe armate del Sudest, quelle competenti per la Slovenia e l’Austria meridionale.
Per i soldati tedeschi e loro soci in questa zona non valeva quindi la resa che si stava preparando per le truppe tedesche del resto d’Italia che sarebbe stata portata a conoscenza dei reparti il primo maggio 1945.
Nei ultimi giorni di aprile a Cividale cresce la pressione tedesca sul territorio con il coprifuoco, con l’allestimento di posti di blocco, controlli sulla popolazione, sulle vie di accesso, ….
I partigiani sono presenti nel territorio attorno a Cividale verso Tarcento, verso Cormons e nelle valli del Natisone. La Brigata Picelli Tagliamento dalle prealpi carniche, dopo vari spostamenti, si colloca in quei giorni fra Albana e Scrio contando, secondo le loro fonti, circa 400 uomini. C’è il centro di mobilitazione della Natisone (una derivazione della Natisone sposatatasi oltre l’Isonzo) che si organizza autonomamente con altre forze presenti quali GAP, SAP e gruppi di polizia partigiana (circa 400 uomini), poi c’è la VII Brigata dell’Osoppo costituitasi sulla carta a fine febbraio, ma di fatto operativa dal metà del mese di marzo con difficoltà di reclutamento ammesse dai loro stessi responsabi. C’è poi la resistenza slovena del Beneški Bataljon già Beneška Ceta che dipende dal comando territoriale di Caporetto. Non sono molti e i commissari politici del IX Korpus rilevano la difficoltà a prendere piede del potete popolare e la preferenza dei valligiani ad arruolarsi nelle formazioni partigiane italiane.
Tutte le formazioni partigiane risentono pesantemente della controffensiva militare dei tedeschi dell’autunno-inverno, fanno fatica a riprendersi e molte sembrano muoversi ognuna per conto proprio senza un vero coordinamento.
A fine aprile i giorni sono freneteci, ci sono scontri e il Centro di Mobilitazione delle Valli del Natisone accetta la resa del battaglione collaborazionista San Giusto da cui prendono mezzi e i piccoli carriarmati R con cui provano ad entrare a Cividale contando sul fatto che I panzeri tedeschi erano senza benzina.
Ma notte tempo la benzina era arrivata da Udine e i carri tedeschi rincorrono i due piccoli carri R per il centro di Cividale. Il tentativo di attacco fatto contando sui mezzi presi al battaglione San Giusto fallisce anche perché organizzato in modo affrettato.
Molto confusa appare la vicenda riguardante lo sviluppo delle trattave fra il Reggimento Alpini Tagliamento e la VII Brigata Osoppo.
Le fonti e le informazioni non ci permettono di ricostruire con precisione i fatti. La ricostruzione più articolata è quella del prof. Tarcisio Petracco, che fra l’altro è stato mio professore al liceo e che ho stimato per la sua competenza professionale e per le qualità umane, pur essendo spesso in disaccordo con lui sul modo di approcciarsi a molte vicende storiche.
Il Battaglione Alpini Tagliamento, creato dopo l’8 settembre dal colonnello Ermacora Zuliani con compiti principalmente di controllo dell’ordine pubblico, era la più massiccia formazione collaborazionista presente in Friuli,
Passa quasi subito sotto il controllo del comando di polizia delle SS del Litorale Adriatico e viene quindi sottoposto alle disposizioni di questo per tutti
i suoi interventi. Pur con le insegne della RSI faceva parte organica del dispositivo repressivo tedesco dell’Adriatische Kunstenland.
Inizialmente opera nella zona di Artegna poi verso la Pedemontana e ha un discreto numero di componenti specie dopo la pubblicazione dei bandi per il lavoro obligatorio. I bandi spaventano la popolazione maschile e l’adesione al Battaglione Tagliamento è per molti l’unica fonte di redditto. Il reclutamento ha successo specie nelle zone povere del Friuli anche se poi molti componenti durante le operazioni scappano. Il nome definitivo a questa formazione viene dato alla fine del aprile 1944 come Reggimento Volontari Friulani Alpini Tagliamento diventando subito dopo Reggimento Alpini Tagliamento.
A maggio del 1944 sembra avesse un organico di circa 1500 componenti anche se a fine ottobre questo si era ridotto a circa 800 uomini.
Una informativa al comando di piazza tedesco, probabilmente proveniente dal comando militare provinciale di Udine che era molto critico nei confronti del Reggimento Alpini Tagliamento, segnala che i soldati del battaglione sono pagati mali, hanno poco da mangiare, scappano con i partigiani o in altri reparti dove vengono trattati meglio. Molti ufficiali erano stati allontanati dai tedeschi e il colonnello Zuliani era in odore di arresto perché spesso ubriaco e perché faceva gli interessi propri.
Da un documento del marzo 1945 del comando della Tagliamento risulta che, a causa di numerose diserzioni, gli effettivi si erano ridotti a 700 unità. Nel maggio del 1944 tutto il reparto viene trasferito nella valle dell’isonzo e nella valle del Baca lungo il percorso di ferrovie e strade che salgono verso l’Austria meridionale. In questi luoghi si svolgono scontri durissimi con partigiani sloveni, combattimenti che vedono il coinvolgimento di altri reparti della RSI, di tedeschi e collaborazionisti con un grande impegno anche dei partigiani della Natisone. A fine febbraio-metà marzo gli uomini della Tagliamento cominciano a spostarsi, almeno una parte, verso le Valli del Natisone portandosi da Tolmino a San Pietro al Natisone. Si parla di 1150 uomini anche se pare siano solo la metà. Nelle memorie del prof. Tarcisio Petracco si dice che il 27 aprile incontra il colonnello Zuliani al comando di San Pietro a Natisone. Ci va con Aldo Specogna che è il comandante mentre Petracco è il delegato politico.
Nel luogo dell’incontro trova il garibaldini come se avessero saputo dell’incontro e fossero arrivati prima. In quei giorni (27 e 28 aprile), si cerca di trovare una soluzione per la resa e ci si accorda per una spartizione delle armi (anche artiglieria) e degli uomini. La spartizione delle armi sembra interessare di più della spartizione degli uomini.
Però c’è una testimonianza che si riferisce al 25 aprile riporatata successivamente in un articolo di Candotti. Riguarda la Picelli che afferma di aver trovato a San Pietro al Natisone i soldati della Tagliamento con il fazzoletto verde. Gli osovani garantiscono che gli alpini sono a stretto contatto con loro e devono considerarsi partigiani. Viene chiesto agli osovani di consegnare gli ufficiali responsabili dei rastrellamenti; la risposta è negativa e gli osovani lasciano fuggire gli ufficiali incriminati.
Attorno al 28 alla scuola dove sono acquartierati quelli della Tagliamento c’è un nuovo incontro fra i garibaldini della Picelli che vogliono portarsi via il maresciallo Spollero e la sua banda, noti persecutori di partigiani. C’è in merito uno scontro duro perché gli osovani non acconsentono alla richiesta. Spollero e la sua banda fuggono nella notte.
Guardando su alcuni fonti di archivio nella data in cui Petracco e Specogna sarebbero stati convocati dal colonnello Ermacora a San Pietro al Natisone compare un messaggio del comando di tutta l’Osoppo in cui si afferma che il colonnello Zuliani intende consegnarsi alla Osoppo e dispone che entro il 28 aprile vengano trasferiti verso la zona di Faedis tutti i militari repubblichini con disposizione di disporre gli ufficiali da una parte, i soldati di truppa da un’altra parte, vedere se fra questi ultimi c’è chi vuole arruolarsi nella Osoppo e trattare gli altri come prigionieri di guerra. Il tutto con indicazioni precise sui percorsi da fare, con l’indicazione che siano accompagnati da uomini armati, ...
Se questa documentazione datata 27 è valida, vuol dire che gli accordi fra l’Osoppo e la Tagliamento erano di vertice e che Petracco e Specogna avevano solo un compito esecutivo.
In documenti datati il 28 aprile si dice che non è possibile procedere al trasferimento perché i tedeschi sono presenti sulle strade. I messaggi arrivano veloci e Specogna dice di aver ricevuto alle 15.30 l’ordine di trasferire la Tagliamento ad Attimis.
In quella data si mette d’accordo con i garibaldini per la spartizione delle armi e il giorno 30 aprile accusa ricevuta della cassa del reggimento con circa 400 mila lire. Sempre in quella data c’è il verbale di consegna della armi alla Picelli-Tagliamento da parte della VII Osoppo.
In alcuni appunti di Petracco emerge il timore che, accompagnando alcune centinaia repubblichini della Tagliamento, questi possano scappare. Emerge il bisogno di fare numero quando si svolgerà l’attacco a Cividale (28 aprile - 1 maggio) e questi servono anche perché hanno con sé l’artiglieria necessaria per colpire i carri tedeschi che escono dalla caserma Principe di Piemonte.
Altro discorso è la questione della sfilata. Non è chiaro quanti siano stati i partecipanti, certo non potevano essere 250 anche perché probabilmente molti della Tagliamento erano filati via.
Il Beneški Bataljon arriva a Cividale il pomeriggio del 1 maggio, dopo l’arrivo dei garibaldini e di una parte degli osovani, e mettono la bandiera sul municipo.
E' reale il pericolo slavo temuto anche da Petracco? Il Beneški Bataljon è in realtà una piccola formazione (100 forse 200 componenti), aveva difficoltà con la popolazione, non sono in grado di sconfiggere i tedeschi e occupare Cividale e dintorni. L’armata jugoslava in quei giorni è impegnata a Trieste, a Gorizia e nella Carinzia meridonale e non era molto interessata a Cividale e San Pietro al Natisone. L’invasione da parte jugoslava non è all’ordine del giorno.
Testimonianze successive dicono che gli uomini del Beneški Bataljon arrivano a Cividale, dopo alcune scaramucce, la mattina del 1 maggio e issano la bandiera jugoslava sul municipio. Sono attendibili le testimonianze postume o sono finalizzate a mettere in buona luce l'operato del Beneški Bataljon?. Le contraddizioni fra le fonti sono tali da impedire una ricostruzione oggettiva e la sola cosa che emerge con chiarezza è lo scarsissimo coordinamento fra le forze che vogliono entrare in Cividale. Molte ricostruzioni sembrano avere una motivazione propagandistica e, come diremmo oggi, di immagine.
Gli alleati arrivano a Cividale il 2 maggio e in quei giorni in città si fa festa.
Nella sfilata del 2 maggio sul municipio saranno esposte 4 bandiere: quella italiana, quella jugoslava quella della Gran Bretagna e quella degli Stati Uniti.
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