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ANPI
Cividale del Friuli

monumento - totem dedicato agli
"Operai dell'Italcementi"

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Luogo:
Aiuola verde collocata tra viale Libertà e via Senatore Guglielmo Pelizzo (Vecchia stazione - Sede Banca Cividale).

Anno:
Il monumento è stato inaugurato il giorno 1 maggio 2015.

Comittente:
ANPI - Comune di Cividale del Friuli
L'ANPI, per la realizzazione del monumento, ha utilizzato un contributo della Banca Popolare di Cividale del Friuli all'epoca presieduta dal dott. Graziano Tilatti).

Tipologia:
Monumento - Totem in acciaio cor-ten.

Riferimento GPS:
46°05'45" N
-----13°35'30" E-----quota 132 m slm.

Cosa ricorda:
La fucilazione di due operai della fabbrica Italcementi:

- Emilio Cicuttini - 41 anni, operaio cementiere
"L'11 ottobre 1943 reparti di truppe tedesche accerchiano e rastrellano la frazione di Fornalis. Emilio Cicuttini tenta la fuga da casa, attraversando di corsa la circostante campagna con sulle spalle uno zaino contenente due divise militari. Sfortunatamente viene raggiunto dai tedeschi, catturato assieme a Toni Piccaro, Mario Paussa e Giacomo Gottardo e con questi trasportato alla caserma "Principe Umberto". A quanto sembra le divise trovate in suo possesso, sono sufficienti per dimostrarne la colpevolezza.
All'alba del 12 ottobre 1943, dietro la caserma, viene fucilato e sepolto nella fossa da lui scavata. Durante le esumazioni del febbraio 1947 i famigliari, riconosciuta la salma, la trasferiscono al cimitero di Purgessimo.
Emilio Cicuttini, noto antifascista cividalese, nel secondo conflitto mondiale aveva prestato servizio militare come richiamato alle armi nella "Guardia alla Frontiera" e dopo l'8 settembre 1943 era rientrato in famiglia dalla vicina Aidussina, ultima sede operativa del suo reparto.
La fucilazione del Cicuttini è vicina cronologicamente, a quella di Rieppi Antonio, di Italico Tempo e di Menig Valentino e fa supporre che il Comandante tedesco, senza alcun atto istruttorio nei confronti dei condannati a morte, attui, con fredda determinazione e con inaudita ferocia, un piano preciso d'intimidazione della popolazione e di ostentata teutonica fermezza nella esecuzione degli ordini, rabbiosi e disumani, di cui al proclama del 15 settembre 1943.

- Attilio Movia - 34 anni, operaio cementiere
Sul luttuoso episodio che ha coinvolto Attilio Movia è raccolta la testimonianza del "Sig. Guido Caporale di Cividale uno dei predestinati a "finire" nel "ciamp des verzis", miracolosamente salvo, figlio di Antonio Caporale fucilato dalla SS tedesca il 13.7.1944. La testimonianza di Guido è unica perché ha vissuto quella terrificante notte: alle ore 23 una pattuglia tedesca in perlustrazione per le vie di Cividale, intravista una luce accesa, ordina di aprire la casa di via Bottenicco n.3 dove abita, con i fratelli, l'operaio cementiere Attilio Movia di anni 34, fittavolo di Antonio Caporale.
Agli spari dei tedeschi rispondono quelli di due partigiani occasionalmente ospiti del Movia. La pattuglia tedesca si ritira e ritorna sul posto rinforzata da una trentina di SS guidate da un certo tenente Walter, dichiara Guido Caporale. Nel volger di breve tempo la casa, il fienile e la stalla con sette bovini, sottoposti al fuoco delle pallottole incendiarie, bruciano completamente, mentre il proprietario Antonio Caporale di anni 50, sopraggiunto in soccorso della famiglia Movia, muore colpito alla nuca da un colpo di pistola sparatogli dal tenente Walter. Movia Attilio, salvatosi dall'incendio, è preso brutalmente, ripetutamente colpito dai nazisti coi calci dei loro fucili e "finito" da una raffica di mitra. Il sopravvissuto Guido Caporale, che accompagnava il padre nell'opera di soccorso, viene trasferito in caserma per l'interrogatorio e arrestato. I corpi delle due vittime dell'atroce vendetta nazista vengono sepolti nell'orto della cascina incendiata, vicino alla concimaia e colà devono rimanere fino alla Liberazione."

Nota storica:
Le notizie sono riportate dal fondamentale lavoro del prof. Giuseppe Jacolutti "Le Fosse del Natisone" - pubblicato a cura dell'Amministrazione comunale in data 30 maggio 1978.

Descrizione del monumento:
A seguito dell'acquisizione dell'area da parte della Banca Popolare di Cividale, la locale sezione dell'ANPI ha provveduto a contattare la Presidenza al fine di preservare il ricordo del sacrificio dei due operai e proponendo la collocazione della stessa all'interno di un monumento che ricordasse non solo ai cividalesi ma a tutti i fruitori dell'area oggi sede dell'istituto bancario la presenza dello stabilimento che per quasi un secolo ha segnato i ritmi e l'economia della Città.
Dopo varie vicissitudini, la lapide era stata infatti asportata e si trovava in casa di un privato cittadino, la locale sezione dell'ANPI grazie all'interessamento congiunto della Banca Popolare di Cividale, dell'Amministrazione Comunale e della locale sezione della Protezione Civile, ne ritornava in possesso in data 5 aprile 2014 in occasione della presentazione del libro, dedicato alla memoria orale sullo stabilimento dell'Italcementi "La chiamavano Tabogan" a cura dell'Istituto Livio Saranz di Trieste.
A quel punto si poneva il problema di rendere fruibile e comprensibile la lapide in un contesto ormai completamente cambiato. L'ANPI ha quindi incaricato l'architetto Giovanni Vragnaz per presentare una proposta da sottoporre all'attenzione della Banca Popolare di Cividale. L'incondizionata adesione all'iniziativa da parte del Presidente della Banca, dott. Graziano Tilatti, il sostegno economico e la disponibilità a appianare tutti gli adempimenti burocratici hanno consentito la realizzazione dell'opera donata alla comunità cividalese.

Il monumento:
La lapide oggetto del presente intervento ha significato emblematico per più motivi. Il primo, ovviamente, è nel suo testimoniare un episodio di resistenza da parte di due operai cividalesi che per questo pagarono con la vita. I loro compagni, nel secondo dopo guerra vollero questa lapide a loro ricordo e testimonianza ed essa fu affissa nella sala mensa del grande stabilimento.
La seconda riguarda più complessivamente il ruolo, non solo economico, che ebbe la fabbrica dell'Italcementi in questo territorio e di cui la lapide rimane, insieme al frammento del grande forno posto al centro della rotatoria su cui prospetta la nuova sede dell'istituto di credito, l'unico ricordo.
Un ruolo che fu di emancipazione economica quanto di crescita della consapevolezza sociale dell'intera comunità.
In essa quindi si condensano significati diversi fondati su una comune centralità del lavoro: necessaria risorsa economica, strumento dello sviluppo ma anche condizione per immaginare, a partire dalla vissuta, dura, subalternità operaia, una prospettiva di cambiamento di quella stessa subalternità.
Le ragioni architettoniche della proposta qui presentata sono, come deve sempre essere, molteplici.
La prima è legata al luogo che si è reso disponibile: un luogo strategico ma anche difficile che, essendo uno spazio di risulta fra la viabilità, non ha in se una direzionalità prevalente e chiara.
La seconda è propria delle dimensioni complessivamente modeste della lapide, che si viene a trovare in un luogo aperto di grandi dimensioni, lambito dai flussi di traffico dove domina 'automobile in cui è difficile intravedere un luogo di sosta per il pedone, consono al raccoglimento, proprio di un monumento.
La proposta prevede la collocazione della lapide in posizione orizzontale, mentre l'elemento che indica la sua presenza e identifica il luogo è costituito da una struttura metallica (in acciaio "cor-ten"). Questa struttura definisce un piccolo spazio a terra dedicato che è un ampliamento del marciapiede esistente.
Due tracce nel prato - anch' esse in metallo - estendono le regole geometriche della struttura principale, stemperandosi nel verde.
La rotazione dell'intervento nel sito è determinato in maniera astratta - ma simbolica - semplicemente dall'orientamento geografico nord-sud.
La forma della struttura metallica, che verrà debolmente illuminata nelle ore notturne, risponde nella sua forma alla necessità di essere visibile ma non massiccia, astratta e non simbolica in modo da non entrare in conflitto con la parola della lapide stessa, divenirne la sentinella e non cercare un carattere autonomo. La sua forma non prevede orientamento privilegiato se non quello definito dalla struttura atmosferica che definisce e che viene espansa dalle tracce sul suolo. Un oggetto fatto della pesantezza del metallo come dall'aria che da questo è definito come dalle ombre portate.
Il metallo "cor-ten" rinvia al lavoro manuale per il carattere della sua superficie - un materico "non finito" - come il suo colore rinvia al grande frammento metallico al di là della strada. Colui che si avvicinerà al questo monumento porrà i sui piedi sulla scritta che, a terra, illustra le storia del luogo. Come le lapidi delle chiese medioevali, forse l'ossimoro di una sacralità laica.
(Dalla relazione illustrativa dell'arch. Giovanni Vragnaz)

Bibliografia/fonti:
Le notizie sono riportate dal fondamentale lavoro del prof: Giuseppe Jacolutti "Le Fosse del Natisone" pubblicato a cura dell'Amministrazione comunale di Cividale del Friuli in data 30 maggio 1978.
Archivio storico ANPI - Cividale del Friuli.

Nota redazionale:
La scheda può essere liberamente riprodotta citando "scheda a cura dell'ANPI - Cividale del Friuli".

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