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ANPI
Cividale del Friuli

Nazionalismo

un documento dell'ANPI
delle Valli del Natisone

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nota della redazione: nelle righe successive proponiamo all'attenzione dei nostri lettori alcuni passaggi dell'intervento della delegazione dell'ANPI delle Valli del Natisone al Congresso provinciale svoltosi a Udine alla fine dello scorso mese di novembre.

I cittadini italiani di lingua slovena che vivono nella fascia orientale del Friuli, sulle Prealpi Giulie, sono nuovamente sottoposti ad una forte pressione. La Slavia italiana, Benecija - Beneska Slovenija, come viene chiamata in Slovenia – o Slavia veneta, nome storicamente più rigoroso, ha subito nel dopoguerra un tracollo sociale ed economico di dimensioni bibliche. La stragrande maggioranza della popolazione slovena se n’è dovuta andare, volente o nolente; basti l’esempio del comune di Drenchia che oggi ha meno di 100 presenti e ne contava negli anni cinquanta più di 1600.
Cacciati in gran parte ed i rimasti depauperati. Oggi il reddito medio dei cittadini comuni più piccoli non arriva neppure alla metà di quello di Udine, è inferiore a quello dei comuni calabresi.
Tutti conoscono il quadro in cui si è consumato questo disastro. La guerra fredda ha imposto un confine che era un Molok, che tutto poteva e a cui tutto era dovuto. Gli sloveni che avevano partecipato alla resistenza in modo massiccio e convinto, quasi completamente nelle formazioni progressiste jugoslave, furono subito oggetto di pressioni, coercizioni, intimidazioni e violenze.
Fu creato un mastodontico apparato di controllo ed intimidazione, che coinvolgeva ed utilizzava tutte le istituzioni pubbliche, parapubbliche, partiti e forze di polizia. Non serve ricordare gli estremi Gladio e Stay behind. Non solo i vecchi esponenti e simpatizzanti fascisti furono recuperati e reintegrati, ma furono incitati a comportarsi in modo arrogante e sprezzante, per intimidire.
Tolti i partiti dell’estrema sinistra, ma anche qui il discorso è più articolato – si ricordi solo il problema della frattura Tito/Stalin che ha lasciato qualche coda fino ai giorni nostri -, per tutti era d’obbligo un comportamento nazionalista e antisloveno.
Tutta la minoranza slovena in Italia era sotto pressione, ma a Gorizia e Trieste non si ebbero gli eccessi della Benecija, per la diversa situazione internazionale.
In qualche modo si sopravvive fino alla caduta del muro di Berlino.
Nel decennio sucessivo la Benecija vive di riflesso i problemi della minoranza a Trieste e Gorizia. Agli inizi degli anni novanta, approfittando della debolezza della nuova Repubblica di Slovenia nata dal disfacimento della Jugoslavia, le forze nazionaliste italiane scatenano un attacco frontale alle strutture organizzative ed economiche slovene mascherandolo con interventi amministrativi. Vengono spazzate via tutte le promettenti aziende create negli anni ottanta con investimenti misti italo-jugoslavi. In questa occasione le tradizionali ed organizzate strutture di pressione nazionalista, che avevano agito pesantemente in tutto il dopo guerra, sono piuttosto defilate. Riesce a sopravvivere, in qualche modo, la scuola bilingue privata di S. Pietro al Natisone/Špietar che trova un sostegno nelle amministrazioni locali, in maggioranza progressiste.
Seguono alcuni anni di relativa quiete, fino al riesplodere del bubbone che diviene purulento in questi ultimi anni.
Alla fine del secolo scorso, nell'ultimo periodo di normalità democratica, vedono la luce leggi e provvedimenti che sembrano precludere ad una fase di normalità. Il parlamento approva la legge 482/1999 di tutela delle minoranze nazionali, che comprende anche lo sloveno, quindi la legge 38/2001 di tutela globale – che individua per la prima volta il territorio in cui tradizionalmente vivono gli sloveni, comprese anche le aree della Provincia di Udine - la Regione emana una sua apposita legge e la Provincia di Udine attua alcuni interventi di grande visibilità, come l'installazione di cartelli toponomastici bilingui.
Una politica nazionalista ultrecentenaria non poteva rimanere passiva di fronte a questi sviluppi. Mentre le istituzioni statali rimangono formalmente estranee al nuovo attacco, si muove
il vecchio, collaudato e mai smantellato, apparato repressivo assieme ai partiti impregnati di nazionalismo.
Inizia una violenta campagna antislovena, incentrata su ripetitivi, continui e minacciosi articoli sulla stampa, si mobilitano i tradizionali canali delle associazioni paramilitari. Con il sostegno delle amministrazioni provinciale e regionale, si riesce a imporre amministratori locali di orientamento nazionalista.
Si arriva così all'odierno clima da guerra fredda. Vengono contestate ed inapplicate le leggi, si tenta di destabilizzare l'istruzione bilingue, s'inventano fantasiose appartenenze linguistiche, tabellazioni schizofreniche, si tenta di far diminuire il sostegno finanziario pubblico per le attività culturali della minoranza, si propongono nuove strutture degli enti locali con l'evidente intento di emarginarla.
Nel sistema di finanziamento pubblico alle attività della minoranza è stato escogitato un sistema che può diventare molto pericoloso. I nazionalisti, visti i risultati del passato, hanno abbandonato completamente la linea della inesistenza della minoranza. Ora, sostengono, che la minoranza c'è, ma non è slovena. Pertanto il finanziamento dovrebbe andare a questa nuova invenzione – gestita ovviamente dai nazionalisti - come sta già in parte avvenendo, defraudando i legittimi destinatari.
Sarà necessario un forte impegno di tutti i democratici per arginare questo nuovo rigurgito nazionalista.

Udine, 28 novembre 2010

ANPI - Valli del Natisone