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ANPI
Cividale del Friuli

Congresso Nazionale dell'ANPI

la mozione della sezione ANPI di Cividale del Friuli

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Sezione di Cividale del Friuli
Città decorata con Medaglia d’Argento al V.M. per i fatti della Resistenza
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Congresso Nazionale ANPI
Rimini – 12-15 maggio 2016

Mozione della sezione ANPI - Cividale del Friuli

 

LE RAGIONI DELLA CRISI:
Le decisioni fondamentali sulla nostra economia con le relative ripercussioni sulla vita di ognuno di noi sono negoziate e imposte ai cittadini senza un dibattito, e fissano le coordinate per il dominio incontrastato del capitale e dell’impresa.
In questo modo lo spazio per le decisioni dei politici democraticamente eletti è limitato. In più le riforme della Costituzione e della Legge elettorale in Italia, con l’eliminazione di un Senato elettivo e con una Legge elettorale fortemente maggioritaria, ridimensionano decisamente il ruolo di partecipazione dei cittadini nell’elezione dei loro rappresentanti.

IL RUOLO DELL’EUROPA:
Il contesto europeo è sempre più pericolosamente ostaggio di egoismi e interessi nazionali, e vede levarsi le pericolose parole d’ordine della destra neofascista e neonazista, che riesce a condizionare le politiche interne di alcune nazioni, e in alcuni casi a governarle, determinando tensioni all’interno del già vituperato spazio Schengen e una crisi d’identità sui valori fondanti della Comunità stessa.
Una delle emergenze comunitarie è ora quella degli immigrati che a frotte premono per entrare nello spazio comunitario con l’intento di fuggire da zone nelle quali si combattono da anni sanguinose guerre e in cui, come ormai caratteristica dei moderni conflitti, il peso maggiore delle sofferenze e dei morti è sopportato dalle popolazioni civili.
In questo contesto le responsabilità dell’Europa, a partire dalle guerre balcaniche, non possono essere taciute. La mancanza di una politica estera unitaria legittima gli interessi particolari e nazionali degli Stati aderenti che spesso configgono con quelli degli Stati vicini determinando situazioni schizofreniche e alimentando il disinteresse nei cittadini a una politica unitaria.
Le nazioni europee trovano le risorse per difendere i propri interessi economici, per difendere le ragioni del Capitale, mentre dimostrano sempre più voluta disattenzione nei confronti dei più deboli. L’Europa si dimostra attenta alla libertà dei mercati e delle imprese, anche a costo che le persone lo siano di meno, molto di meno!
Si dirà che tutto questo corrisponde alle imprescindibili leggi di mercato eppure la nostra Costituzione Europea indica a chiare lettere come centro della propria azione la persona umana, la solidarietà tra le persone e tra gli Stati. Un’Europa che dovrebbe portare nel suo DNA la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, così come le Costituzioni nazionali ed europea, che sono il frutto delle speranze che l’umanità riponeva in esse dopo l’immane tragedia della seconda guerra mondiale, un’Europa che vede risorgere quelle frontiere che solo pochi anni fa erano state con tanta gioia abbattute e trasformate in confini permeabili ai cittadini, alle culture, alle religioni e ancora prima alle merci!

L’ITALIA NELL’EUROPA CHE GUARDA A DESTRA:
A livello nazionale assistiamo a una vera e propria crociata, sostenuta da forze fasciste e xenofobe, per ricollocare quelle frontiere che solo pochi anni prima loro stessi prendevano a picconate.
L’ANPI a livello nazionale dovrebbe riconoscere alle zone del confine orientale l’importanza e la specialità che rivestono (specialità che viene riconosciuta anche in ambito costituzionale), non solo per il fenomeno resistenziale ma anche in un’ottica di rapporti internazionali. Non a caso sono proprio queste zone a veder nascere nuove frontiere, nuove chiusure sotto la spinta di un egoismo di matrice anglo-sassone che dopo la disgregazione della Jugoslavia ha prima colpito, per ragioni diverse, tutta l’area balcanica e la Grecia, e ora incentiva con la sua politica egoistica di contenimento la chiusura e la costruzione di muri tra Ungheria e Serbia, tra Macedonia e Grecia, Tra Slovenia e Croazia e tra Austria e Italia.

IL CONFINE ORIENTALE:
L’incapacità di inquadrare le complesse e controverse vicende del confine orientale le appiattisce e favorisce logiche revisionistiche, in un’ottica di presunta pacificazione che mette sullo stesso piano vicende che sullo stesso piano non possono stare.
Ad esempio l’impostazione scelta per seminario di Milano sul tema dei confini orientali rischia di dare nuovo vigore alle ragioni di chi riaccende le tensioni sulle vicende legate alle nostre zone di confine. Questo confine, l’ultimo confine, fu definito sulla base di Trattati internazionali dopo che l’Italia monarchica e fascista aveva perso una guerra di inaudite proporzioni, una guerra di aggressione a Libere Nazioni, in cui è stata principale artefice, o alleata con la Germania nazista. Questo confine per lunghi e tragici periodi è stato una frontiera, e in quei frangenti ha significato enormi tragedie, ma dopo gli anni ’50 è stato definito il confine più aperto d’Europa. Un confine che nei suoi circa 100 km contava più di 100 valichi che consentivano, soprattutto ai residenti prossimi alla fascia confinaria, una mobilità estremamente facilitata, da accordi sottoscritti tra il governo della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, poi ratificati dalla Repubblica di Slovenia, e la Repubblica Italiana.
Il tracciato del confine attuale non rispetta la composizione etnica della popolazione, che in queste zone non è uniforme, e la sola ipotesi di una sua ridefinizione prospetta enormi tragedie. Noi in questa realtà viviamo e conviviamo con i nostri vicini europei in perfetta armonia e senza confini.
E’ una realtà che resta sconosciuta alla gran parte dei cittadini italiani, un legame che ha radici lontane e che, pur in presenza di una sterminata bibliografia sull’argomento, viene presentata al grande pubblico quasi solo per l’effetto mediatico della “Giornata del Ricordo”.

OSTAGGI DELLA GIORNATA DEL RICORDO:
Questa giornata è diventata appannaggio esclusivo di una parte e si riferisce al tema delle foibe e dell’esodo come eventi slegati dal contesto storico nel quale questi si sono prodotti e sviluppati. Una storia che invece si dovrebbe ricostruire quantomeno dal XIX secolo, per comprendere gli eventi che hanno caratterizzato i fatti successivi.
La legge istitutiva della Giornata del ricordo, come sottolineato anche in sede di dibattito parlamentare da alcuni deputati e senatori, è stata illustrata omettendo di premettere e riconoscere le colpe della monarchia e del regime fascista per gli espropri, le aggressioni violente, le leggi discriminatorie, le brutali repressioni, gli incendi e i massacri compiuti ai danni di minoranze linguistiche nazionali, che solo molto recentemente la nostra Repubblica ha avuto la bontà di riconoscere con apposite leggi. Questa legge, per la quale l’ANPI dovrebbe chiedere una revisione, ha determinato sin’ora la concessione di circa 838 riconoscimenti, dei quali circa 300 consegnati a persone pesantemente compromesse col regime fascista, con la Repubblica Sociale Italiana e al soldo dell’occupatore tedesco.

UN ATLANTE CHE NON GUARDA OLTRE:
L’Atlante della stragi nazifasciste che l’ANPI ha promosso assieme all’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione adotta una scansione temporale che va dal settembre 1943 alla Liberazione, e individua come area geografica il confine attuale della Repubblica Italiana. E’ una scelta incomprensibile, che determina una chiave di lettura errata per quest’area, poiché non tiene conto della pesantissima repressione fascista compiuta dal 1940 al 1945 nei territori allora appartenenti al Regno d’Italia.
Con quest’operazione si ridimensiona e si offusca il peso inaudito della repressione nei confronti di sloveni e croati, e in definitiva si comprime l’intero movimento resistenziale in quest’area in una dimensione spazio-temporale che non consente di comprenderne la storia. In una zona, tra l’altro, che è stata la culla della Resistenza armata in Italia!

LA RESISTENZA FRIULANA OFFUSCATA DA PORZUS, FOIBE E ESODO:
Il caso dell’Atlante e il caso del seminario di Milano pongono terribili dilemmi sulla Resistenza friulana e in qualche modo coinvolgono per responsabilità, se non altro morale, i Partigiani della componente garibaldina come funzionali alle foibe e agli esodi.
In questo modo noi che abbiamo conosciuto i Comandanti e i Partigiani della Divisione d’Assalto “Garibaldi-Natisone” (la più forte formazione Partigiana d’Italia!), che conosciamo il sacrificio dei suoi Partigiani e degli oltre 1400 Caduti, che abbiamo apprezzato la loro lotta, le loro biografie d’impegno civile nella nuova Italia, che conosciamo la loro persecuzione, ante e post guerra, nei luoghi di lavoro, nelle Istituzioni e anche tra gli stessi compagni, in politica, noi, che in ogni occasione ricordiamo il loro sacrificio, deponendo un fiore sulle lapidi delle nostre valli, in Slovenia o in Croazia, cosa dobbiamo pensare?

Dobbiamo avere lo scrupolo di coscienza di aver avuto a che fare con dei criminali? Che cosa dobbiamo pensare quando onoriamo i nostri fucilati provenienti dalle più disparate località d’Italia, che hanno condiviso la lotta e gli ultimi istanti di vita con i loro compagni sloveni o croati: hanno forse loro convissuto con dei nemici della Nazione e della nostra presunta superiore civiltà?
Questi uomini, i Partigiani della Garibaldi-Natisone, hanno non solo contribuito alla nostra Libertà, ma ci sono stati di esempio, pur nella persecuzione e nell’isolamento, ci hanno dimostrato che si poteva e si doveva alzare una voce e si poteva determinare con il proprio sacrificio un cambiamento radicale, che un miglioramento della società era possibile. Ci hanno dimostrato che l’ideale contenuto nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e del Cittadino è perseguibile.
L’ultimo attacco nei confronti della Resistenza friulana e slovena condotto con una campagna di stampa diffamatoria basata su un’informativa priva di ogni attendibilità, segnala una presunta “foiba”, nei pressi del Comune di Manzano in provincia di Udine, contenente dai 200 agli 800 cadaveri. Di questo presunto crimine sono stati accusati personalmente Mario Fantini “Sasso”, Comandante della Divisione d’Assalto “Garibaldi-Natisone”, e Giovanni Padoan “Vanni”, Commissario politico della stessa Divisione. In causa è stata chiamata direttamente anche l’ANPI per aver taciuto pur conoscendo i fatti!
Ad oggi, nonostante la furiosa campagna stampa contro la Resistenza e contro i banditi Partigiani non è stato trovato alcun riscontro oggettivo.

ANPI – Sezione di Cividale del Friuli