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Cividale del Friuli

la Resistenza in Jugoslavia

Cividale del Friuli - 5 maggio 2016

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Nota della redazione: proponiamo qui di seguito i passaggi più significativi dell'intervento dello storico Jože Pirjevec, autore del libro "Tito e i suoi compagni" - ed. Einaudi

Tito è stato grande in tre momenti: durante la II Guerra Mondiale, durante il conflitto con Stalin nel 1948-49 (e negli anni successivi) e, dopo la morte di Stalin del 5 marzo 1953, con la ricerca di un socialismo dal volto umano e con la sua politica non allineata.
Tito è un personaggio che ha dato una impronta importante al secolo passato.
La Jugoslavia era guidata in quel momento dal principe Paolo Karadjordjevic, reggente perché il re Alessandro i di Jugoslavia era stato ucciso a Marsiglia nel ottobre 1934 da un nazionalista macedone con forti legami con gli ùstascia croati (in croato, ustaša) e perché l’erede al trono Pietro aveva 10 anni e, data la giovane età, non poteva regnare.
Paolo era intelligente, legato per rapporti di parentela alla famiglia reale inglese e legato per cultura e sentimenti alla Gran Bretagna.
Nel 1940-41 si trova in difficoltà perché la Jugoslavia è circondata dalle forze dell’asse: da una parte la Germania con l’Austria, da una parte dall’Italia con l’Albania e, alleati della Germania, l'Ungheria di Miklós Horthy, la Romania di Ion Antonescu e la Bulgaria dello zar Boris III.
La Jugoslavia si sente circondata e in, quella situazione, il reggente Paolo non può fare altro che aderire all’asse e legarsi alla Germania di Hitler e all’Italia di Mussolini. Un'alleanza sottoscritta in condizioni abbastanza favorevoli perché Hitler non chiedeva alla Jugoslavia di entrare a suo fianco in guerra, ma di poter ricevere materiali per lo sforzo bellico.
La Jugoslavia è ricca di minerali e può fornire derrate alimentari a sostegno della Germania.
Il giorno stesso in cui, nel castello di Belvedere a Vienna, i rappresentanti del regno di Jugoslavia firmano, l’adesione al Patto Tripartito (25 marzo del 1941), a Belgrado scoppia una specie di rivoluzione. La gente, organizzata dalla chiesa ortodossa e dai circoli nazionalisti serbi, scende in strada per protestare, i militari organizzano un golpe e fra il 26 e il 27 marzo occupano la capitale e destituiscono il governo.
Il principe Paolo è costretto all’esilio e si instaura un governo con Presidente il generale con Dušan Simovic'.
A questo punto il nuovo governo cerca di dialogare con Hitler e Mussolni, ma Hitler è talmente arrabbiato che reagisce al tradimento degli jugoslavi convocando subito i suoi generali e ordinando l’organizzazione di una spedizione punitiva (operazione Strafgericht) che deve svilupparsi insieme alla invasione della Grecia (operazione Marita).
La Jugoslavia non è in grado di resistere, perché sconvolta da conflitti interni soprattutto etnici (specie fra croati e serbi), il suo esercito si sfalda nel giro di 10 giorni e il governo è costretto alla capitolazione.
Il giovane re di 17 anni e la maggioranza del governo fuggono in Grecia, poi in Palestina e poi a Londra, dove costituiscono un governo in esilio. Il paese rimane in balia degli occupatori che si sono divisi il territorio secondo le direttive di Hitler.
Joachim von Ribbentrop e il conte Galeazzo Ciano decidono le modalità di divisione della Jugoslavia. La Slovenia è divisa in 3 parti: a nord, la Carniola e la Stiria meridionale sono occupate dai tedeschi, l’Oltremura (in sloveno Prekmurje) è data agli ungherese, Lubiana e la parte meridionale della Carniola sono date agli italiani che costituiscono la Provincia di Lubiana annessa al Regno d’Italia.
La Serbia viene divisa: la Vojvodina è assegnata agli ungheresi, la Macedonia ai bulgari, il Kosovo all’Albania (cioè all’Italia) e il centro è occupato dai tedeschi e amministrato da loro con una specie di governo collaborazionista.di tipo norvegese.
La Dalmazia è data all’Italia, la maggior parte della Croazia e la Bosnia Erzegovina formano lo Stato croato guidato da Ante Pavelic’, un ultranazionalista fortemente appoggiato da Mussolini.
Ante Pavelic’ costituisce un governo nel cui programma c'è sostanzialmente l’intenzione di costituire una Croazia etnicamente pura e priva di tutte le etnie non croate. Gli ebrei sono consegnati ai tedeschi, i serbi tanto in Croazia quanto in Bosnia Erzegovina sono soggetti a massacri feroci.
Uno dei ministri di Ante Pavelic’, Mile Budak intraprende una campagna genocida contro la popolazione rom ed ebraica, ed al tempo stesso di sterminio, espulsione e conversione religiosa contro la popolazione serba. I serbi fuggono in Serbia oltrepassando la Drina, alcuni cercano di resistere formando le prime bande di cetnici che combattono gli ùstascia e i loro protettori italiani e tedeschi. Il termine “cetnici” indica tradizionalmente le bande che hanno in passato lottato contro i turchi, ma anche gruppi di semplici banditi che si rifugiavano nei boschi in primavera, poi combattevano contro i turchi durante l’estate e poi con la prima neve tornavano ai loro villaggi.
Questi cetnici successivamente si aggregano in un movimento più organizzato che si riunisce attorno a un personaggio piuttosto capace Dragoljub "Draža" Mihailovic'.
Mihailovic’ è un colonnello dell’esercito regio che, sfuggito alla cattura, costruisce nella Serbia centrale, nell’area di Ravna Gora, un nucleo di ufficiali e di soldati decisi a conservare almeno una scintilla dell'essenza serba, nella speranza che arrivi il momento in cui i britannici verranno in aiuto per combattere gli occupatori.
Nasce cosi il movimento dei Cetnici, un movimento nazionalista e conservatore deciso a riportare sul trono il re Pietro, a restaurare la vecchia Jugoslavia e il vecchio ordine, a vendicarsi dei croati e costituire una nuova Jugoslavia in cui la Serbia avrebbe avuto un posto di riguardo.
Accanto a questo gruppo già nell’aprile del 1941 si forma una resistenza organizzata dai comunisti. Il Partito Comunista Jugoslavo nasce nel 1920, nel 1921 viene messo al bando e negli anni successivi riesce a sopravvivere in clandestinità ed non ha nessun peso politico.
Nel 1937 alla testa del partito arriva un uomo nuovo Josip Broz Tito, uomo capace, di umilissima origine, operaio, ma assai intelligente e colto, che decide di ristrutturare il partito e di raccogliere attorno a se gente giovane, nuova e capace.
Il partito già nel 1938 e 1939 ha una ripresa specie fra la gioventù studentesca e, quando Vjaceslav Molotov e Ribbentrop firmano nel 1939 un patto di non aggressione fra URSS e Germania, il partito si schiera con questa impostazione politica restando comunque fortemente antifascista e cominciando, subito dopo l’occupazione, a preparasi alla Resistenza perché Tito era convinto che l’intesa fra Stalin e Hitler sarebbe durata poco.
Era convinto che Hitler avrebbe attaccato l’URSS, cosa non difficile da immaginare perché i generali tedeschi che avevano occupato Jugoslavia dicevano che la Germania avrebbe attaccato l’URSS, sarebbe entrata nel territorio sovietico come un coltello nel burro e avrebbe piegato Stalin nel giro di poche settimane.
Nell’attesa di questo evento, Tito comincia a organizzare nella primavera del 1941 la resistenza che trova il momento più favorevole per manifestarsi dopo il 22 giugno 1941 quando i tedeschi attaccano l’URSS.
Nasce però subito un dissidio fra Tito e Stalin perché i due avevano una visione diversa della guerra: Stalin, a differenza di Tito, non voleva dare alla vicenda bellica un aspetto ideologico, non trattandosi a suo parere di un conflitto fra nazisti e comunisti, ma di un conflitto fra tedeschi e russi. Una interpretazione etnica e nazionale della guerra. I Russi ancora oggi chiamano la II Guerra Mondiale la "Grande Guerra Patriottica" (la Prima Guerra Patriottica fu quella condotta nel 1812 contro Napoleone durante l’invasione della Russia).
La resistenza in Jugoslavia, per Tito, è una guerra di liberazione nazionale, però è anche una guerra di liberazione sociale e le due prospettive si devono combinare per mobilitare le masse. Le masse jugoslave avevano legami etnici problematici, gli sloveni non provavano simpatia per serbi e così i serbi per gli sloveni, i croati né per gli sloveni che per i serbi, …
Queste etnie erano così divise e autonome nelle loro aspirazioni patriottiche che non si poteva sostenere una guerra attraverso il patriottismo, ma bisognava dare alla guerra una connotazione di riscatto sociale. L’obiettivo diventa quindi la costruzione di una società nuova e più giusta, la rottura con il vecchio regime monarchico e la costruzione di una realtà nuova dove, tra l’altro, le donne saranno libere. Non è un caso che questo discorso ha un successo enorme fra le donne e la guerra partigiana in Slovenia non avrebbe avuto successo se non ci fosse stato l’impegno delle donne che hanno visto la resistenza come uno strumento di emancipazione.
Abbiamo così il sommarsi di due diverse resistenze: da una parte la resistenza di Mihailovic' che punta alla restaurazione del vecchio, dall'altra la resistenza di Tito che guarda a una società nuova. Questi due posizioni non potevano mettersi d’accordo anche se Tito, dall’agosto fino a novembre del 1941, cerca dei contatti per una intesa con Mihailovic', ma queste sue avance sono respinte. Tito aveva una certa simpatia per Mihailovic' ed era convinto che si potesse trovare un accordo se non ci fosse stato il governo in esilio che soffiasse sul fuoco delle divisione. Gli inglesi sono interessati a restaurare in Jugoslavia la vecchia monarchia dei Karadjordjevic perché il loro obiettivo è il controllo del Mediterraneo.
La Life Line inglese passava per il Mediterraneo, per Suez, Aden, l’India, Singapore e Hong Kong. Il Controllo del Mediterraneo è molto importante e, in questo senso, agli Inglesi interessa molto la situazione in Grecia e nei Balcani.
Gli inglesi puntano inizialmente le proprie carte su Mihailovic' e cercano di convincere anche Stalin di ordinare ai partigiani jugoslavi di schierasi dalla sua parte.
Mihailovic' non è disposto a collaborare con i comunisti e già nel novembre del 1941 c'è uno scontro fra i due gruppi (partigiani e cetnici) che rendono impossibile qualsiasi accordo.
Le due forze che convivono nello stesso territorio della Serbia occidentale sono sbaragliate dai tedeschi, costrette a rifugiarsi in Bosnia Erzegovina e a organizzarsi come potevano in una situazione di totale conflittualità.
In questa situazione, in cui il nemico principale era rappresentato dai comunisti, i cetnici si schierano con gli italiani. Gli italiani, da parte loro, hanno bisogno dell’appoggio di queste truppe e cominciano a dare loro il sostegno necessario per svolgere la propria attività anticomunista. La stessa cosa avviene in Bosnia Erzegovina, in Croazia, in Montenegro, in Dalmazia e in Slovenia con la costituzione di formazioni collaborazioniste.
La resistenza jugoslava non è un fenomeno omogeneo, ogni territorio ha una sua resistenza particolare: in Slovenia dal 27 aprile 1941 si forma una specie di alleanza fra diverse forze politiche, mentre altrove gli unici ad animare la resistenza spno i comunisti. Nella resistenza slovena ci sono i comunisti, i liberali e i cristiano sociali che si sono uniti in una coalizione che dà alla resistenza slovena un aspetto diverso da quella nel resto della Jugoslavia.
I cetnici da un lato e i domobranci in Slovenia si legano agli italiani e questo determina l’avvio di una guerra civile con anche aspetti religiosi: in Slovenia perché la Chiesa si schiera contro il Fronte di Liberazione e lo stesso vescovo di Lubiana, Gregorij Rozman, sostiene la lotta contro i comunisti atei e invita a schierasi con gli italiani.
In Bosnia Erzegovina c'è il problema mussulmano: molti mussulmani si sono schierata con gli ùstascia, con i tedeschi e gli italiani contro i partigiani, per cui la guerra in questa regione assume dimensioni di conflitto etnico e religioso.,
I cetnici che erano numerosi, decidono praticamente di collaborare con gli italiani e di combattere i comunisti, ma di non opporsi allo straniero nazifascista nell’attesa dell'arrivo dei britannici. Solo in quel momento, diceva Mihailovic', i cetnici avrebbero preso le armi contro gli italiani e i tedeschi a fianco dei britannici.
I tedeschi non ne vogliono sapere di collaborare con i cetnici e pretendono che gli italiani facciano altrettanto. Questo determina delle tensioni fra italiani e tedeschi perché gli uni gli e gli altri guardano i cetnici in modo diverso: gli italiani come alleati, i tedeschi come dei banditi da fucilare.
Il 1942 vede partigiani comunisti combattere da soli contro gli occupatori italiani, tedeschi, ungheresi e bulgari, tuttavia a Londra la lotta dei partigiani viene ignorata e la stessa BBC non ne fa cenno. Stalin a sua volta è piuttosto prudente perché interessato a buoni rapporti con gli alleati che non vuole rovinare appoggiando i partigiani di Tito che non nascondevano le proprie posizioni ideologiche. Per tutto il 1942 i partigiani combattono senza alcun appoggio esterno.
Le cose cambiano a maggio del 1943 con la sconfitta in Africa delle forze italiane e tedesche e con l’incontro a Casablanca fra Churchill e Roosewelt in cui si decide di invadere la Sicilia.
In questo contesto la guerra partigiana agli occhi degli inglesi assume una nuova importanza perché Churchill si rende conto quelli che combattono i nazifascisti sono i partigiani di Tito. Con la decifrazione di Enigma riceve ogni giorno le informazioni più importanti su quello che i tedeschi si comunicano fra loro e da questo momento in poi Churchill decide di cambiare tattica appoggiando chi colpisce i tedeschi.
Da maggio-giugno 1943 i britannici cominciano ad appoggiare i partigiani che in questo periodo subiscono degli attacchi molto duri a seguito dell’Operazione Weiss (febbraio 1943) e dell’Operazione Schwarz (maggio 1943). Nella prima le truppe di Tito si trovano in Bosnia Erzegovina in una specie di sacca con i ponti sul fiume Neretva tutti distrutti. Il fiume Neretva viene attraversato creando, sulla struttura di un ponte crollato, una passerella che permette loro di passare dall’altra parte del fiume e sottrarsi all'accerchiamento. La seconda epica battaglia, terribile nella sua drammaticità, è quella della Sutjeska dove i partigiani di Tito si trovano circondati da tutti (tedeschi, italiani, cetnici, bulgari e ùstascia, …) e quando tutto sembra perduto, riescono ad aprirsi un varco di mezzo Km attraverso cui la gran parte dei partigiani riescono ad uscire dall'accerchiamento pur a costo di perdite enormi (7 mila morti) e migliaia di feriti nascosti nelle grotte ammazzati dai tedeschi. Una carneficina di cui, tanto a Londra quanto a Mosca, si comincia a rendersi conto.
A questo punto appoggiare i partigiani che lottano e bloccano nei Balcani parecchie divisioni tedesche che altrimenti sarebbero state portate in Italia, diventa importante e questo nuovo approccio da una nuova dimensione alla guerra partigiana. Tito si sente sempre più sicuro e alla fine di novembre del 1943 convoca a Jiajce, nella capitale medievale della Bosnia, una sorta di parlamento che si dichiara sovrano, che depone il re e il suo governo e pone le basi di un nuovo Jugoslavia.
Stalin è furioso quando sente queste notizie perché non accetta la politica di Tito, ma quando a Teheran, a fine novembre 1943, incontra Churchill e Roosewelt si rende conto che gli USA e Inghilterra accettano le scelte di Tito e questo fatto lo spinge a cambiare tattica.
Le memorie di un maresciallo sovietico dell’aviazione raccontano che Stalin, dopo il viaggio a Teheran e il suo rientro a Baku, appena sceso dall'aereo gli comunica che bisogna aiutare i partigiani jugoslavi fornendo loro armi e appoggio politico.
Nel 1944 Tito è corteggiato da Churchill che spera di conservare il vecchio ordine e di mantenere il re Pietro sul trono e di legare i partigiani con le forze nazionaliste serbe per salvare la dinastia amica. Tito incontra Churchill a Napoli nell'agosto del 1944, promette di non introdurre il comunismo dopo la vittoria e sembra disposto a trovare un accordo con i britannici. Se non che, alla fine di agosto, succede qualcosa di imprevisto: l’Armata Rossa fa un balzo nei Balcani, occupa la Romania e subito dopo cade la Bulgaria. A questo punto la Serbia è a portata di mano. Il 25 maggio del 1944 i tedeschi vogliono distruggere e catturare Tito organizzando un assalto di paracadutisti (Operazione Rösselsprung) nella zona di Drvar e riescono quasi a catturare Tito che, all’ultimo momento, riesce a salvarsi e a fuggire a Jajce e poi a imbarcarsi e raggiungere prima Bari e poi l’isola di Lissa.
Churchill, ha l’impressione di avere Tito nelle proprie mani perché l’isola è difesa dai britannici, ma Tito alla fine di settembre 1944 parte di nascosto per Mosca dove si mette d’accordo con Stalin per un intervento dell’Armata Rossa che entrerà in Serbia il 20 ottobre del 1944.
L’Armata Rossa arriva in Jugoslavia come forza alleata e dopo aver liberato la Serbia e Belgrado se ne va.
La guerra partigiana continua fino al 1945 con vicende anche molto sanguinose, ma ormai Tito è padrone della Jugoslavia e riesce a imporre il proprio regime. Tito si lega a doppio filo a Stalin, non nasconde più le sue convinzioni ideologiche e nell’aprile 1945 va a Mosca per firmare un accordo di collaborazione ventennale con URSS e, quando cominciano a manifestarsi i primi segni della Guerra Fredda, si schiera con Stalin.
Questo determina l’avvio di forti tensioni con gli inglesi e gli americani che vedono Tito come una specie di marionetta di Stalin e non si rendono conto che Tito, attraverso la vicenda partigiana, ha assunto una dimensione e una statura che non rende possibile la sua trasformazione in una marionetta. Neanche Stalin si rende conto di questa situazione.
Quando le forte partigiane si avvicinano alle frontiere con Austria e Italia nasce il conflitto con gli occidentali che non vogliono una espansione dei comunisti attraverso la resistenza.
Quando si avvicina alla Venezia Giulia e alla Carinzia, la resistenza jugoslava viene ritenuta pericolosa perché si teme un connubio fra partigiani jugoslavi e partigiani italiani di fede comunista.
Bisogna assolutamente bloccare gli jugoslavi e allontanarli da queste zone di contatto, cosa che avviene nel maggio 1945 attraverso una vicenda diplomatica molto intensa. Stalin, prudentissimo, decide di non appoggiare Tito per cui le truppe jugoslave dopo un tiramolla abbastanza drammatico si ritirano, senza però lasciare il vecchio frontiera di Rapallo. La Venezia Giulia, nell’attesa del trattato di pace, viene divisa in due zone, la A e la B.
Le vicende che si svolgono in Jugoslavia fra il 1941 e il 1945 sono caratterizzate da una dinamicità interna molto forte perché si presentano tutti i nodi di una storia balcanica complessa dove si svolge uno scontro fra due realtà storiche: da una parte una realtà storica influenzata dagli Asburgo e dalla altra una realtà influenzata da Istambul, da una parte la Chiesa d’Occidente dall’altra quella di Oriente, e per non parlare della presenza islamica.
E' una vicenda sanguinosa in cui i popoli jugoslavi hanno pagato un prezzo pesantissimo con 1.200.000 vittime. Un prezzo enorme per una popolazione piccola, secondo solo a quello pagato dai russi e dai polacchi.
La Jugoslavia esce dalla II Guerra Mondiale distrutta, con ferite profonde perché la resistenza ha visto anche uno scontro interno molto aspro fra gli ùstascia e i serbi, fra i cetnici e i partigiani, fra i partigiani in Slovenia e i domobranci.
I vincitori non si sono comportanti con saggezza anche se la vendetta non era evitabile. D’altronde molte azioni contro i civili condotte nel corso della II Guerra Mondiale non sono altro che vendette: il bombardamento di Dresda da parte degli inglesi, alle violenze commesse dagli alleati sui prigionieri italiani in Nord Africa e sui civili in Italia, …
In Jugoslavia si parla di 100.000 vittime di vendette e gli infoibati sono la minima parte, la maggioranza delle vittime sono ùstascia, domobranci e cetnici e la guerra contro bande che si rifugiano nei boschi e resistono al nuovo ordine continua fino agli inizi degli anni ‘50.
A questo si somma in quei anni anche la lotta durissima contro i cominformisti legati a Stalin.
Oggi, in un territorio in cui i nazionalismi stanno riprendendo forza, questi conflitti fra ùstascia, cetnici e domobranci da un lato e partigiani dall’altro sono ripresi in ambito politico e la Chiesa soffia sul fuoco.
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