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ANPI
Cividale del Friuli

Red Land - resoconto
di una visione sofferta

27 novembre 2018

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Nota della redazione: quando si vuole raccontare la tragedia del confine orientale durante il fascismo, la II Guerra mondiale e l'immediato dopoguerra, la TV, il teatro e il cinema riescono ad affrontare il problema sempre nel peggiore dei modi. Analisi storica elementare, rappresentazione grottesca del movimento di liberazione jugoslavo, vittimismo e moralismo.
Il film Red Land (Rosso Istria) non si discosta molto da questo schema e replica sostanzialmente operazioni analoghe presentate in passato da altri autori. Non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima volta.
Qui di seguito il resoconto della visione del film da parte di Alessandra Kersevan.
(fonte: www.diecifebbraio.info)

un corollario di narrazione
con pochi riferimenti
storici
il caso
Norma Cossetto
intervento di
Claudia Cernigoi
 

Il film è costruito con metodo goebbelsiano, punta molto sull’emotività, non si preoccupa della coerenza ma dell’impatto psicologico; il punto di vista è sempre quello degli italiani (e dei fascisti) per cui anche quando vengono dette delle frasi che sembrerebbero portare qualche elemento di informazione storica, la cosa viene subito superata dalla visione di un fatto tragico di segno contrario. La storia è completamente decontestualizzata e nei particolari in buona parte inventata.
Per spiegare meglio vale la pena citare quanto detto dal prof. Roberto Spazzali, in un libro pubblicato ancora nel 1990 addirittura dalla Lega Nazionale (i cui presidenti, come Luca Urizio, evidentemente non leggono neppure i libri che pubblicano): in Foibe. Un dibattito ancora aperto, a pag. 149, dopo avere accennato agli articoli del dicembre 1943 sul Corriere Istriano in merito al recupero della salma di Norma Cossetto, Spazzali scrive che «l’ampia letteratura di quegli anni e del dopoguerra* dedicherà un consistente spazio alla morte ed al rinvenimento di Norma Cossetto intrecciando ai fatti realmente accaduti incontrollate fantasie e presunte testimonianze»*. La narrazione di Antonio Pitamitz, sulla morte ed il rinvenimento del corpo di Norma Cossetto riprende, secondo Spazzali, «la più fantasiosa delle ricostruzioni», e cioè quella che al giorno d’oggi è diventata la versione “ufficiale”, cioè il sequestro della giovane, le sevizie, le ripetute violenze carnali cui avrebbe assistito una donna, rimasta anonima, che trovandosi in casa propria attraverso le persiane chiuse, avrebbe visto quello che accadeva nella scuola di fronte (cioè lo stupro di Norma Cossetto).

* Spazzali cita “a puro titolo di esempio”, sia il testo di Luigi Papo (Foibe, pubblicato come Paolo De Franceschi) del 1952, sia gli articoli di Antonio Pitamitz su Storia Illustrata del 1983). Uno dei mantra ripetuto durante il cosiddetto Giorno del Ricordo (e in molteplici altre occasioni) dallo stuolo dei “foibologi” nato negli anni ’90 è che in Italia non si sia mai parlato di questi fatti.

1) L’Istria viene rappresentata come abitata da italiani e da non italiani (non viene detto esplicitamente, ma in alcune brevi scene la gente parla in croato con traduzione sottotitolata), si accenna anche alla italianizzazione forzata, ma questi accenni di sfuggita non hanno alcuna importanza nel prosieguo del film, servono solo a parare la possibile critica di aver tralasciato di parlarne. Infatti poi gli “slavi” vengono presentati o come vittime degli stessi “titini” (nome continuamene usato per definire i partigiani*), oppure come sanguinari ubriaconi, assetati di vendetta e tanto stupidi da fare orribili violenze gratuite (torture fino alla morte allo “scemo di paese”, profeta della “tragedia” imminente; stupri di donne “slave” accusate di essere mogli di “italiani”; stupro della figlia di una di queste; e via di questo passo – tutto in preparazione dello stupro finale, in diretta, da parte dell’“orda” di slavi sul corpo di Norma Cossetto – tutto esplicito e “senza veli”). Una scena addirittura ridicola è quella in cui un gruppo di “ribelli” comandati dal crudele slavo protagonista (naturalmente con stella rossa sul berretto e giacca di pelle e cinturone come un nazista, con ghigno ridente sulle proprie malefatte) assaltano la caserma dei carabinieri con bombe, non si capisce se lacrimogene o a gas; fatto sta che sulla porta in controluce ad un certo punto si staglia il suddetto crudele slavo con maschera antigas.

* Nel film ci sono numerosi anacronismi; uno riguarda il fatto che i partigiani jugoslavi vengano insistentemente chiamati “titini”, termine che nei documenti del ’43, neppure in quelli fascisti, viene mai usato.

2) L’8 settembre del ’43 viene rappresentato come una tragedia per gli “italiani” dell’Istria. La rappresentazione della gioia e dei festeggiamenti della popolazione per la (creduta e sperata) fine della guerra serve solo da sfondo per il realizzarsi della tragedia. Saranno anche fascisti, dice ad un certo punto uno dei protagonisti, ma gli “slavi” prima uccideranno i fascisti e poi tutti gli italiani. Infatti poi nel film vengono uccisi tutti i personaggi “italiani” che si erano entusiasmati alle idee comuniste, presentati nella trama come traditori che però pagano il fio accorgendosi della “bestialità” degli “slavi”, e con un loro ultimo atto più o meno di eroismo o di contrizione e pentimento muoiono* (perdonati finalmente dal pubblico).

*Format narrativo con catarsi finale che da migliaia d’anni ottiene gran successo
 

3) Nel film non si accenna a nessun altro contesto della guerra. Non esiste per esempio l’aggressione alla Jugoslavia nel 1941 da parte del Regio Esercito (che aveva fatto diventare il Friuli e la Venezia Giulia, con l’istria, zone di guerra), le centinaia di migliaia di morti che l’occupazione italiana fino all’8 settembre ha comportato per il popolo jugoslavo (un milione e mezzo comprendendo l’intera guerra e l’occupazione tedesca). Non esistono le rappresaglie, le fucilazioni di ostaggi, l’incendio di villaggi, la deportazione in campi di concentramento italiani di oltre 120 mila jugoslavi e la morte di almeno 7000 (donne, vecchi, bambini e uomini, di fame e malattie conseguenti)*.

* Eppure nella nostra regione ne abbiamo avuti di questi terribili campi fascisti gestiti dall’esercito (Gonars e Visco) con la morte di almeno 500 civili jugoslavi (donne, vecchi, bambini, uomini, di fame e malattie conseguenti); altri, terribili, erano vicino all’Istria e in Dalmazia (Arbe, Melada, Mamula e Prevlaka…).

4) Dopo il 25 luglio e fino al settembre avanzato, la vita in Istria sembra svolgersi ancora in pace e senza problemi (se non la sottile “paura”, ora che “il duce non c’è più”, per la sorte degli “italiani” minacciati dagli “slavi”), fino a quando il crudele slavo con stella rossa sul berretto non convince alcuni popolani non meglio identificati a una sorta di ribellione (da fumetto horror) con spreco di inutili ancorché inumane sevizie contro donne e uomini indifesi, italiani o croati italianofili.
E i tedeschi, che fanno nella finzione film? Ci sono un paio di scene: una prima in cui sembrano avanzare circospetti ma senza incontrare alcuna resistenza. Una seconda, quasi alla fine, in cui decidono l’Operazione “Nubifragio” per la conquista dell’Istria, ma anche questa volta, pur essendo armati fino ai denti, non c’è nessuna resistenza. Non si capisce quindi perché, non incontrando ostacoli, abbiano concluso la conquista dell’Istria appena il 9 ottobre (data e circostanze che nel film si guardano bene dal riferire). Infatti la cosa è trattata in maniera storicamente improponibile: i ribelli locali e i partigiani vengono presentati come dei vigliacchi che dopo aver ucciso e stuprato (come sopra), fuggono all’arrivo dei tedeschi, lasciando la popolazione in loro balia.
A questo punto le omissioni, gli anacronismi e le mistificazioni sono talmente tante che ci vorrebbe più di un articolo o volantino. Basterà ricordarne qualcuno. Cosa fanno i tedeschi nella realtà? Alla fine dell’Operazione “Nubifragio” i nazisti si vantano di aver eliminato, tra stragi, fucilazioni, incendi di villaggi e deportazioni in Lager, almeno 13 mila istriani. Si può immaginare quindi la Resistenza che incontrarono. Nella loro Operazione i nazisti furono guidati dai fascisti, ma ciò non viene rappresentato nel film. In una delle scene finali c’è una irrealistica scena in cui i tedeschi uccidono una italiana comunista “traditrice” proprio mentre viene aiutata dalle donne della famiglia Cossetto.
5) i fascisti istriani vengono presentati in maniera edulcorata, fascisti “solo perché se non avevi la tessera non lavoravi” (il prof. Ambrosin, interpretato da Franco Nero, il quale negli anni Settanta aveva invece partecipato al film jugoslavo “La battaglia della Neretva”); o fascisti “per fedeltà alla patria” o “al giuramento” (il soldato che non vuole essere “disertore”); o fascisti perché “tutti gli italiani lo erano” (lo dice la madre di Norma Cossetto); o fascisti perché il ruolo sociale lo imponeva (il padre di Norma Cossetto, podestà del paese, camicia nera e gran possidente, sfruttatore di coloni “slavi”, cosa quest’ultima non detta). Non c’è il minimo accenno ai circa 40 mila italiani giunti in Istria per esercitare un potere coloniale (gerarchi fascisti, carabinieri, finanzieri, segretari comunali, maestri, famiglie intere di agricoltori, dato che con l’Ente Tre Venezie l’Italia fascista aveva sottratto migliaia di ettari ai contadini sloveni e croati, assegnandoli a famiglie provenienti da altre regioni d’Italia).
Di tutto questo non si fa cenno nel film. Invece in una scena particolarmente truce, il crudele partigiano slavo con stella rossa sul beretto fa uccidere un colono, ne fa stuprare la figlia dai suoi sgherri e poi lui stesso la moglie, solo perché il colono aveva detto di essere stato sempre trattato bene dal padrone (fascista). Gli sceneggiatori del film non possono sapere, ottenebrati dal loro razzismo, che i partigiani jugoslavi ottennero una grande adesione di popolo proprio perché furono particolarmente bravi proprio nella propaganda politica, nello spiegare a chi aveva ancora una mentalità “servile” la necessità di ribellarsi.
6) Nel film, insomma, c’è un completo ribaltamento storico tra carnefici (i fascisti italiani) e le vittime (civili e partigiani jugoslavi) che vengono rappresentati come aggressori assetati di sangue e di vendetta, mentre stavano combattendo una strenua lotta per la loro sopravvivenza, dato che il fascismo aveva decretato la loro eliminazione (bonifica nazionale).
7) La vicenda di Norma Cossetto, con il ben conosciuto metodo della “demonizzazione del nemico” viene isolata da tutto il contesto precedente (oppressione fascista) e da ciò che stava avvenendo in quei giorni nella penisola istriana, invasione tedesca e riconquista fascista, facendole assumere una valenza quasi mitologica, se non agiografica, presentandola come un’eroina, buona per definizione, sospesa in una sorta di suo mondo fatto di giovinezza, studi, amore, amicizia, fede, bontà, e preda, improvvisamente, del “male assoluto”, rappresentato qui non dalla strega cattiva, ma dagli slavi e per di più comunisti.
Fuori dal mito, la storia personale di Norma Cossetto è quella di una delle tante donne che furono travolte dalle atrocità della guerra, atrocità che non furono certo iniziate dai partigiani jugoslavi. La versione filmica della sua sorte viene presentata come verità storica, mentre sulle circostanze, i modi e i responsabili non c’è documentazione e i particolari dello stupro, dell’infoibamento e tutte le scene raccapriccianti su cui il film si sofferma lungamente sono stati, se non del tutto inventati, basati su labili dicerie, ben usate nella guerra psicologica antipartigiana.
L’episodio viene ancora presentato come se nessuno ne avesse mai parlato prima. In realtà lo sciaccallaggio politico sulla figura di Norma Cossetto era già iniziato da parte dei repubblichini nel 1943; era uno dei tasselli di quella enorme operazione propagandistica messa in piedi dai servizi disinformativi della Xa Mas, continuata poi nel dopoguerra con un’infinità di libri, come ricordava anche Roberto Spazzali nel testo citato all’inizio di questa recensione. Le versioni del fatto sono innumerevoli e tra loro contrastanti, e chi, come Claudia Cernigoi ha analizzato i documenti dimostrandone l’inconsistenza e contraddittorietà, è stato minacciato e pesantemente diffamato da personaggi e ambienti (neo)fascisti.
Perché questa è la realtà: “Red Land” è un film di pura propaganda fascista, basato su stereotipi anticomunisti e razzisti antislavi, sullo stravolgimento della realtà storica per riabilitare il fascismo distruggendo l’immagine della Resistenza antinazifascista, e soprattutto del contributo dei comunisti. La cosa più grave è che un film di pura propaganda fascista sia coprodotto dalla RAI, quindi al di là dell’inesistente valore storico-artistico e del più o meno scarso successo di pubblico, verrà proiettato più volte dalla RAI e probabilmente da altri canali televisivi, venendo visto comunque da milioni di persone; con l’appoggio della potente lobby delle associazioni degli esuli avrà sicuramente la massima diffusione in circoli, manifestazioni di vario tipo e forse nelle scuole (anche se perlomeno la estrema crudezza di tante scene comporterebbe di vietarne la visione ai ragazzi). Quindi non dobbiamo affatto sottovalutarne l’impatto sulla coscienza della gente.
Intanto a Udine viene proiettato in un cinema come il Visionario, che è stato uno dei luoghi culturali della sinistra e dell’antifascismo. Io credo che si debba cercare di mobilitare il più possibile tutto l’antifascismo che rimane.
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Alcune considerazioni di Alessandra Kersevan presentate nel corso dell'incontro dedicato al film Red Land svoltosi a Cividale il 27 novembre 2018

Film come Red Land sono delle bombe mediatiche che si possono contrastare con l’impegno, una ande passione e con una adeguata conoscenza della storia del Confine orientale.
E' in corso una campagna propagandistica le cui fasi iniziali si sono viste già nel corso della II Guerra Mondiale e che è diventata più intensa dalla fine degli anni ‘80 fino al punto di spingere molte persone ad aver paura di parlare di partigiani e di dichiararsi comunisti. Anche cantare liberamente “Bella ciao” è diventato complicato perché questo canto, proprio perché intonato dai partigani è visto come di parte.
Ci stiamo abituando a queste stato di cose e, nonostante i continui oltraggi ai partigiani, non si protesta nemmeno più.
Alla fine anni ‘80 le forze che avevano messo in atto una strategia contro il movimento operaio, capiscono che le stragi e la repressione non erano state sufficienti a demolire quei valori e quegli ideali nati con la Resistenza e che si erano consolidate con le lotte operaie dagli anni ‘50 agli anni ‘80.
Nel popolo italiano erano ancora diffusi i sentimenti di lotta, di solidarietà, di uguaglianza e anche un certo modo di ragionare anti razzista.
Bisognava distruggere le basi culturali di questo modo di sentire e bisognava attaccare la Resistenza italiana, cosa non facile da fare, perché la nostra repubblica e la nostra Costituzione sono frutto della Lotta di Liberazione e perché tutti i movimenti di lotta si sono rifatti agli ideali della Resistenza.
Bisognava aggirare l’ostacolo anche utilizzando le persone di sentimenti di destra che, fra gli anni ‘50 e ‘70, si erano mimetizzati e adeguati alla situazione, per opportunismo o per qualche convinzione, nei ministeri e nelle istituzioni.
Con il cambio del vento e delle necessita questi avevano riscoperto quei sentimenti messi da parte per anni e, fra questi, il razzismo antislavo, sempre presente in Italia. Gli archivi dei ministeri italiani erano pieni di materiali contro la resistenza jugoslava che erano stati raccolti dai servizi segreti e dagli organi del fascismo già a partire dal secondo conflitto mondiale.
Purtroppo una parte delle forze democratiche italiane ha condiviso con i fascisti la mentalità del confine e l’idea che gli jugoslavi, dopo la II Guerra mondiale, avessero portato via ingiustamente una parte del territorio italiano.
In Italia nel dopoguerra non si è mai parlato dell’invasione del Regno di Jugoslavia e nemmeno dei crimini commessi dall’Esercito italiano nei Balcani e si preferito parlare del presunto silenzio sulle foibe e sull’eccidio di Porzus.
Si è cominciato ad attaccare la Resistenza italiana attraverso la Resistenza jugoslava ed è stato riesumato tutto l’armamentario propagandistico e ideologico raccolto dai servizi segreti militari durante la II Guerra Mondiale e nel dopoguerra proponendolo come verità rivelata e sostenendo che gli atti dei partigiani jugoslavi erano contraddistinti da un radicato sentimento antitaliano contro gli italiani in quanto italiani.
Molte di queste storie erano considerate veritiere anche alla luce delle violenze successive allo sgretolamento della Jugoslavia che la propaganda mondiale e della NATO faceva passare come atrocità insite nel carattere slavo.
Le violenza delle guerre in Jugoslavia negli anni ‘90, come riproposizione della brutalità balcano-comunista sugli italiani durante la II Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra.
La propaganda contro la resistenza jugoslava è stata introiettata anche a sinistra perché si sposava bene con la necessita del ceto dirigente politico del PCI di liberarsi in qualche maniera dal peso di essere stati comunisti anche ammettendo che la propaganda anti jugoslava aveva basi reali.
Non si cercava di capire se quello che era raccontato e presentato come una verità a lungo tenuta nascosta (non è vero) fosse anch’essa propaganda.
Tutto questo clima ha fatto si che anche a sinistra tanti compagni pensassero che qualcosa di vero ci fosse e in questo senso agiva anche un altro elemento storico: il distinguo nel ‘48 fra Tito e il Cominform faceva si che molti comunisti italiani in cui c’era un sottofondo di stalinismo manifestassero un sentimento antislavo che si era in parte assopito.
Oggi a sinistra, o in quel poco che rimane di essa, dobbiamo confrontarci con persone che ritengono Red Land un bel film e lo proiettano in cinema che sono stati luoghi di incontro e di confronto della sinistra.
Questo è possibile perché c'è una grande ignoranza su quello che è successo sul confine orientale durante la seconda guerra mondiale.
La Resistenza jugoslava è stata il più grande movimento partigiano in Europa e ha saputo tenere testa ai nazifascisti per 5 anni, ha avuto un grande seguito popolare facendo una politica che cercava di conquistare la gente andando incontro alle loro esigenze. Se fossero stati violenti, ladri, stupratori, … non avrebbero avuto il sostegno del popolo.
(…)
Red Land è un film fatto bene con attori di livello e una buona fotografia. è Interessante rilevare come alcuni attori di questo film abbiano una storia personale e professionale particolare: Geraldine Chaplin è la figlia di Charlie Chaplin, l’attore inteprete di Charlot che ha subito in USA le persecuzioni del maccartismo; Franco Nero ha interpretato il personaggio di Michele Rosi nel film dedicato alla Battaglia della Neretva. Nel film “Il cuore nel pozzo”, incentrato sulla fuga di un gruppo di bambini dai partigiani di Tito, Leo Gullotta, iscritto a PRC, ha interpretato il ruolo di un sacerdote.
La tattica di coinvolgere in film contro la Resistenza jugoslava dei personaggi di sinistra si è vista pure nel film “Porzus” alla sceneggiatura del quale ha partecipatao anche Furio Scarpelli, autore insieme ad Age di film come “Tutti a casa” e “C’eravamo tanto amati”.
Si sono coinvolti personaggi famosi di sinistra per confondere la gente e rendere più facile far passare l’idea che i partigiani jugoslavi fossero stati dei semplici criminali.
(...)
Red Land parla di Norma Cossetto, una ragazza istriana di 24 anni che aveva insegnato come supplente, fatto l’universita’ a Padova e che l’8 settembre si trova a Visignano d’Istria. Delle sue vicende si sa che nei giorni successivi viene fermata dai partigiani, ma non è certo che sia stata arrestata; era figlia di un gerarca fascista che era stato camicia nera, partecipato alla Marcia su Roma, podestà e grande proprietario terriero in Istria
Il corpo di Norma Cossetto viene ritrovato nel dicembre nel ‘43 nella foiba di Villa Surani durante il recupero ordinato dai tedeschi che avevano preso possesso dell’Istria. Di Lei si sa che intorno alla meta di settembre viene portata in una sede partigiana da un ragazzo suo amico che si chiamava Giorgio e poi viene rilasciata. Dopo un successivo arresto di lei non si sa più nulla e il suo corpo viene ritrovato in una foiba circa due mesi dopo la sua sparizione.
In realtà già da subito la propaganda fascista e tedesca creano attorno alla sua figura una storia ad uso e consumo del fascismo e nazionalismo italiano.
Claudia Cernigoi ha analizzato alcuni anni fa i documenti e le testimonianze su Norma Cossetto a partire dalla relazione di Armando Harzarich, maresciallo dei vigili del fuoco, che su incarico dei tedeschi ha proceduto al recupero dei corpi, fino alla testimonianza della sorella e di altre persone. Cernigoi ha poi studiato tutto quello che è stato scritto nel dopoguerra confrontando le varie testimonianze per arrivare alla conclusione che sulle vicenda di Norma Cossetto dal momento in cui parte da casa accompagnata da un partigiano e il recupero del suo corpo, non si sa niente di preciso e che su questa vicenda si siano inventate ad arte situazioni truculente che sostenessero la tesi della brutalità della resistenza jugoslava.
Una vicenda basata su un fatto accaduto, ma sviluppata propagandisticamente con invenzioni e omissioni dimenticando il contesto in cui la vicenda si è svolta.
E il contesto non era quello di un territorio permeato di pace e concordia in cui arrivano delle orde barbariche con il solo scopo di rompere l’idilio istriano.
Questo schema si può riconoscere anche nella trama di Red Land (così come nel film “Il cuore nel pozzo” ) che racconta appunto la vicenda di Norma Cossetto.
Gli eroi del film sono mostrati spesso in camicia nera, invocano il duce e la loro unica salvezza è rappresentata da giovanii soldati nazisti bene equipaggiati che sembrano portare la pace laddove i partigiani hanno portato la guerra, l'odio e la vendetta.
In Red Land fascismo e comunismo non sono equiparati, perché il secondo è rappresentato come di gran lunga peggiore del primo. Una scelta di campo ideologica molto netta proposta in un film finanziato dalla TV pubblica.
Le violenze, che nel '43 esplodono in Istria sull'onda di una rivolta contadina di massa, travolgono anche persone innocenti perché ritenute strumenti del "padrone" italiano e dell'odiato regime fascista italiano. Non ci sono piani preordinati di stragi per distruggere la presenza italiana e questo e dimostrato dall'aiuto che le poverissime popolazioni slave dell'Istria, in questo unite a quelle italiane, diedero a migliaia di soldati italiani inermi braccati dalle truppe tedesche e dalla partecipazione o dal sostegno che numerosi italiani diedero alla lotta antinazista nel settembre '43 e negli anni successivi a fianco o inquadrati nelle formazioni slovene e croate.
Bisogna ricordare che Galliano Fogar, nel suo libro intitolato “Sotto il tallone dell’occupazione nazista” scrive che Berlino annuncia il 7 ottobre ‘43 la conclusione di rastrellamenti nella regione di Trieste da parte di truppe naziste e fasciste con un bilancio di 3700 banditi uccisi e altri 4900 catturati fra cui gruppi di ufficiali e soldati badogliani.
Il numeri delle vittime, fra cui molti civili, è stato altissimo.
Il Piccolo commenta che l’impeto dei tedeschi è stato meraviglioso, racconta l’epopea di un gruppo di prigionieri liberati dai tedeschi e rileva che nei paesi liberati ogni casa ha uno straccetto bianco in segno di resa ai tedeschi e che tutti salutano romanamente chiedendo pietà.
Dopo il passaggio dei tedeschi, il Piccolo segnala il ritorno della tranquillità e sottolinea che lo strazio di Pisino conquistata dai nazisti il 5 ottobre ‘43 è stato prodotto dalla resistenza dei partigiani.
Pisino, la capitale provvisoria degli insorgenti croati, nonostante ci fossero molti italiani è bombardata da stukas e cannoni senza pietà e molti cittadini sono mitragliati dalle SS solo per aver opposto una debole resistenza.
Il dott. Marcello Cordovado in una relazione preparata su incarico del CLN triestino racconta che i tedeschi uccisero il podestà e il preside del ginnasio che stavano scappando e ammazzano un prete, l’unico religioso ucciso in Istria.
Nel film Red Land, il parroco di un paese di fantasia, viene impiccato dai partigiani nell’usuale ribaltamento della realtà storica tra carnefici fascisti e nazisti e le vittime che sono i civili e i partigiani jugoslavi e anche italiani.
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