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ANPI
Cividale del Friuli

la strumentalizzazione degli alpini:
un articolo per il MV di Nuto Revelli

articolo pubblicato sul bollettino dell'IFSML
3 ottobre 1974

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“… I miei ricordi di allora? Ho preso parte alla campagna di Russia con la Divisione Alpina Tridentina. Non sono un prigioniero del passato: guardo quell’esperienza catastrofica con l’ occhio di oggi.
Ero un ufficiale effettivo che bene o male credeva in quella guerra. Là ho capito, là ho scelto. Ho capito che ero un aggressore, ho capito che i nemici da combattere erano i tedeschi, non i russi. Gli ebrei che morivano di stenti a due passi dai nostri binari, a due passi dalle nostre tradotte, chiedevano vendetta. I tedeschi, duri, spietati, ci disprezzavano: eravamo i parenti poveri, gli “alleati” da sacrificare.
Cinque mesi in linea, sul Don. Nel dicembre 1942 crollano tutte le divisioni italiane a sud del Corpo d’Armata Alpino. La Julia, la povera, la grande ed eroica Julia, deve accorrere sul Kalitva per proteggerci, per salvarci dall’accerchiamento. Poi il 17 gennaio 1943, l’ ordine di ritirata, la lunga marcia della disperazione. Se la Tridentina riesce a rompere a Nikolaevka è perché la Julia e la Cuneense si sacrificano generosamente, fino all’annientamento.
Il 17 marzo, noi, i vivi, i pochi superstiti, i fortunati, siamo a Tarvisio, siamo in Italia. Camporosso, Pontebba, Gemona, Tarcento. In ogni stazione la gente della Julia assedia la nostra tradotta, implora notizie. Le donne della Julia, le madri, le spose, sono vestite di nero, come già segnate dal lutto.
Infine Udine, la lunga sosta su un binario morto, la folla trattenuta lontana, a stento. Soltanto i rigattieri, sgattaiolando, raggiungono la tradotta. Vogliono le coperte degli alpini piene di pidocchi: offrono pochi soldi.
Nel campo contumaciale l’impatto con l’Italia fascista. L’addetto alla “stampa e propaganda”, un mentecatto imboscato, offre agli alpini un opuscoletto offensivo, insensato, che li invita a non raccontare, a dimenticare.
Di quei giorni interminabili ricordo l’incontro con il padre e la sorella di Giuliano Slataper, l’eroe di Arnautovo. Ricordo un altro incontro importante con Don Gnocchi. Sono trascorsi trent’anni, ma le parole buone di Don Gnocchi, piene di umanità, le conservo ancora nel profondo del mio animo.
Eravamo come in un ghetto, per via del tifo petecchiale. Trascorrevo le giornate tentando di ricostruire il ruolino della 46.a compagnia del battaglione Tirano: contando i morti, i dispersi, i feriti e i congelati abbandonati fuori della sacca. Ero stanco, vinto, malato. Ma nel groviglio dei miei sentimenti intravvedevo una speranza. Le mie tre armi private, i due parabellum e la maschinepistol tedesca, un giorno o l’altro avrebbero sparato.
Oggi sono un partigiano, non un ex partigiano. Ho vissuto due “otto settembre”, il primo in Russia, il secondo tra le montagne del mio Cuneese. E dico: inchiniamoci di fronte al sacrificio degli alpini di Russia. Ma giù le mani da quel sacrificio spaventoso, orrendo. I fascisti, i fascisti più o meno mascherati, devono tacere. Sono i responsabili di quel massacro. Se strumentalizzano i nostri morti li uccidono una seconda volta.”

Nota della redazione:

Nuto Revelli – Colonnello degli Alpini – Comandante della brigata Partigiana “Rosselli” – 3 Medaglie d’Argento al V.M.

Stralcio dell’articolo scritto da Nuto Revelli per il “Messaggero Veneto” in occasione della 47° adunata nazionale degli Alpini del 1974 a Udine. L’articolo di Revelli fu respinto e pubblicato sul numero 3 – ottobre 1974 del “Bollettino dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia”.
“Le ragioni del rifiuto sono state ovviamente ragioni politiche e non di tipo scolastico od estetico (hai scritto cose che non c’entrano o hai scritto male, ci dispiace). (…) lo scritto di Revelli si discosta nettamente dal “taglio” patriottico-nazionalistico e di folklore che contrassegna
l’antologia di rievocazioni alpine pubblicata dal “Messaggero Veneto” sulla base di scelte che sono tipiche non solo della politica del giornale ma, in generale, della destra in Italia, specie nelle circostanze “solenni”, E’ una politica che tradizionalmente si occupa dei fasti del combattentismo, che predilige i ricordi di guerra che non menzionino la guerra fascista, le testimonianze “storiche” purché antistoricamente tacciano sulle responsabilità del regime, le elegie dei Caduti, che sorvolino pudicamente sulle decisioni criminose dei gruppi di potere che hanno mandato al macello un’intera generazione di giovani i cui nomi si possono leggere sulle targhe e sui cippi disseminati nelle nostre valli alpine, dalla Carnia al Cuneese, all’Abbruzzo ecc. L’ideologia e la propaganda della classe dirigente che ha che ha “valorizzato” la gente della montagna solo in guerra e che ancora oggi trova in Italia estimatori, seguaci o consci ed inconsci imitatori …”

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