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79 anni
fa la città di Cividale veniva liberata. Un primo tentativo,
fallito, di liberazione si verificò il 28 aprile del 1945
ad opera delle sole formazioni partigiane italiane. Il fallimento
di questa operazione si deve al fatto che le forze germaniche
a presidio della città erano ancora molto consistenti,
circa 700 militari, ma soprattutto determinante fu il fatto che
a supporto dei nazisti cera un reparto corazzato che i
partigiani, non avendo adeguato armamento pesante, non potevano
contrastare.
Come è stato appurato anche nel corso del Convegno storico
organizzato con il patrocinio del nostro Comune che nuovamente
ringrazio, a novembre del 2022, la liberazione del 1° maggio
avvenne da più punti della Città e da parte di
più formazioni sia italiane, garibaldini e osovani, sia
slovene contro le ancora consistenti forze tedesche ma prive
dei carri armati che il giorno precedente avevano lasciato la
città. Cè da sottolineare che nel corso di
questa giornata del 1 maggio consistenti forze tedesche giunsero
nella nostra città ma si arresero alle formazioni partigiane:
un fatto molto importante perché solitamente i reparti
nazisti e fascisti non si arrendevano ai Partigiani non riconoscendoli
come legittimi combattenti.
Un
altro particolare aspetto della Liberazione a Cividale è
la partecipazione, in supporto dellazione partigiana, di
alcuni militi del disciolto Reggimento collaborazionista di polizia
alpini Tagliamento. Questo fatto, il supporto di
157 militi volontari, che rafforzavano le esigue formazioni osovane
consistenti in un ventina di combattenti, si presta ad alcune
riflessioni.
In primo luogo sul carattere volontario della loro adesione alla
causa partigiana, pur se ambigua, tardiva e opportunistica. Consideriamo
infatti che circa altri 300 militi stavano in stato di fermo
negli edifici dellIFO a Rubignacco, i comandanti nel frattempo,
nella miglior tradizione italiana, si erano già dati alla
fuga.
Dal giorno 28 aprile al primo maggio i caduti per liberare la
Città sono stati 12 di cui 6 cividalesi: Pasquale Perra,
Giovanni Gritti, Mario Strazzolini, Francesco Zanuttig, Aldo
Mulloni e Gino Sturam.
Nel frattempo proseguono fino allultimo le fucilazioni
presso la caserma di via Udine: il 29 aprile fu fucilato Domenico
Gerini, il 30 Angelo Alipassi e il 1 maggio Aloisio Zorzi.
Questo il terribile contesto di quei giorni dal quale si capisce
la volontà dominatrice e mortifera dei nazifascisti che
fino alle ultime ore continuarono con le esecuzioni alle Fosse
del Natisone.
I caduti del 1 maggio sono quelli ricordati dalla lapide posta
qui sul Rugo Emiliano dove due di loro, i Partigiani Francesco
Zanuttig e Aldo Mulloni furono colpiti a morte poco distante
da qui. Gli altri due caddero negli scontri avvenuti per liberare
lultimo baluardo nazista posto allinterno della caserma
Principe di Piemonte: il Partigiano Gino Sturam e
lex milite Della Pietra Luciano originario della Carnia.
Tre garibaldini ed un neo-osovano.
Il Reggimento alpini Tagliamento a cui apparteneva
Luciano Della Pietra, di stanza a San Pietro al Natisone, si
era disciolto pochi giorni prima con tanto di consegna della
cassa reggimentale, agli osovani in base ad accordi che probabilmente
proseguivano da diverso tempo e che indussero una parte dei militi
a contribuire alla causa partigiana. Da rilevare inoltre che
larmamento, utile per sbaragliare le residue forze naziste
asserragliate nella caserma di via Udine, non venne consegnato,
per quota parte come concordato, alle formazioni garibaldine.
La questione nella sua complessità è per noi alla
fine molto semplice: il caduto Luciano Della Pietra è
un caduto per la Libertà. Lelemento per noi inaccettabile
non è che qui vengano deposte delle corone o dei fiori
in forma semi ufficiale, il problema è che quella corona,
quegli omaggi floreali costituiscono un insulto per il fatto
che sono corredati dal riferimento a una organizzazione militare
fascista, collaborazionista al soldo delloccupante nazista.
Il Reggimento alpini Tagliamento, costituito a Udine il 17 settembre
1943, inizialmente con altre denominazioni, con compiti di ordine
pubblico integrava gli elementi della 63^ e 55^ legione camicie
nere, volontari fascisti quindi. Prima di diventare alpino
nellaprile del 1944 riportava nella sua denominazione il
riferimento al suo compito di polizia tantè che
il suo comandante, Ermacora Zuliani, riportava nella sua carta
intestata, in lingua tedesca, tale denominazione e specialità.
Il Reggimento fu sempre alle dirette dipendenze della SS agli
ordini dellOrdnungspolizei Kintrup, presidiò, in
funzione anti-partigiana la Val Baccia e la Val Vipacco in Slovenia
prima appunto di ritirarsi in quel di San Pietro al Natisone
per poi sciogliersi alla fine di aprile del 1945.
Si caratterizzò in queste nostre zone per arresti, fucilazioni
sommarie, violenze e torture contro partigiani e civili. Nellambito
delle violenze particolarmente attiva fu la Banda Spollero
dal nome del Capobanda Olinto Spollero da Premariacco. Questa
Banda operò con azioni essenzialmente criminali,
spesso travestendosi da partigiani. Questi fatti sono documentati
nelle carte processuali della Corte dAssise straordinaria
di Udine dove le imputazioni sono per violenza ingiustificata
contro i civili, per sparatorie avvenute nelle scorribande a
Remanzacco dove fu colpita una innocente donna, Caterina Fadoni,
in stato di gravidanza fu ricoverata in ospedale per oltre tre
mesi e perse il nascituro, le rapine a mano armata come quella
al negozio di generi alimentari gestito da Autman Giuseppe a
San Pietro al Natisone o la barbara esecuzione, sempre a San
Pietro al Natisone del Partigiano Edoardo Sturm, prelevato, da
elementi della Banda dalla cella, nella quale era
detenuto, condotto sulla strada e ucciso con un colpo di pistola
alla nuca. Questi alcuni fatti accaduti qui, tralasciando le
atroci violenze commesse in Slovenia.
Neppure i propri commilitoni, sospettati di favorire la causa
partigiana si sottrassero alle violenze di questi militi fascisti.
Ne fece le spese ad esempio lallievo ufficiale Di Bert.
Scoperto mentre sabotava le armi del reparto, crimine che il
Tribunale di guerra avrebbe sicuramente condannato severamente,
istruendo un processo e comminando la pena. La condanna fu invece
immediatamente eseguita uccidendo il malcapitato a pugnalate
e gettandone il corpo nel fiume Vipacco.
Inoltre, alcuni componenti della Banda, tra i quali il capobanda
Spollero, si resero nel dopoguerra latitanti e ancora, a tutto
il 1945, si registravano episodi nei quali si presentavano minacciando,
armi alla mano, i famigliari di alcuni Partigiani.
A fronte di tutto ciò già il 22 giugno del 1946,
appena dopo la proclamazione della Repubblica, il ministro di
Grazia e Giustizia, il comunista Togliatti, emanava una legge
che concedeva, per gran parte dei reati, lamnistia con
lintento di pacificare la Nazione reduce da una guerra
civile e che necessitava di una grande opera di ricostruzione
materiale, sociale e morale. Lintento non era di gettare
oblio su fatti criminosi ma quello di non avere, forse ingenuamente,
un atteggiamento persecutorio e di guardare al futuro voltando
pagina. Tantè che i processi pendenti a carico dei
responsabili di crimini furono di fatto estinti. Non vi fu affatto
quindi persecuzione ma invece eccessiva indulgenza il che significa,
visto da oggi, non aver fatto i conti definitivamente con quel
passato. Quando Togliatti e i comunisti, usciranno dal Governo
nel maggio del 1947, ad essere ancora processati saranno i Partigiani.
Nel periodo nel quale si deponeva questa lapide, a dieci anni
dalla Liberazione, in arresto preventivo, in attesa di processo
cerano ancora migliaia di Partigiani mentre venivano liberati
personaggi come Amerigo Dumini condannato nel 1948, dalla Corte
dAssise di Roma a 30 anni di reclusione per lomicidio
dellOnorevole Giacomo Matteotti. Questo fatto la dice lunga
sulla volontà di certe parti politiche che nel corso dei
decenni hanno cercato di mettere in oblio e gettare fango sulla
Resistenza e che hanno operato ed operano per stravolgere la
nostra Costituzione. Sul tema dellantifascismo persistono,
pur rappresentando le Istituzioni democratiche, a rappresentare
una volontà divisiva e di rivalsa verso i fatti della
Storia.
Onestamente cosa si trovi dello spirito alpino in
tutto ciò che ha compiuto questo Reggimento Tagliamento
faccio enorme fatica a trovarlo considerando che le truppe alpine
del nostro Regio esercito erano in grandissima parte composte
da giovani di leva mandati a morire sui vari fronti che le guerre
di aggressione della Monarchia e del Fascismo avevano scatenato
contro altri Paesi. In particolare in Grecia, in Jugoslavia,
in Russia il nostro esercito occupante lasciò migliaia
e migliaia di giovani vite oltre a procurare inaudite sofferenze
alle popolazioni occupate. Quelli che sopravvissero, quando
non invalidi per ferite, congelamento o malattie contratte, dopo
lotto settembre o furono deportati in Germania come IMI
(Internati Militari Italiani) oppure passarono nelle file della
Resistenza italiana o, come nel caso della Divisione alpina Taurinense,
combatterono in Jugoslavia nell esercito di Liberazione
di Tito.
Lanno scorso, per lennesima volta si è deposta
qui una corona che richiama a questo Reggimento fascista e collaborazionista.
Mi sono giunte delle fotografie di questo evento dove compare
chiaramente il labaro che si fregia di ben tre croci di ferro
naziste. Da oltre tre anni si verifica questo insopportabile
insulto ai caduti per la Libertà.
Invito caldamente le Istituzioni dello Stato e della nostra Città,
il Comune che è promotrore di questa Commemorazione e
che ha deliberato nel lontano 1955 la collocazione di questa
lapide, a prendere le distanze da questo fatto che ha degli aspetti
oltre che di mancanza di rispetto per i caduti anche di dubbia
legalità considerando lesposizione pubblica di simboli
nazisti.
Non vorremmo ogni anno tornare su questi argomenti distogliendo
lattenzione verso chi si è sacrificato per la nostra
libertà e trascurando le gravi questioni che il nostro
tempo ci presenta: le guerre, le diseguaglianze, la questione
climatica, lavvenire dellUnione Europea, il futuro
delle nuove generazioni alle quali stiamo lasciando un mondo
in bilico tra lapocalisse della guerra atomica e la catastrofe
ambientale.
Detto questo ci recheremo ora al monumento che ricorda gli operai
dellItalcementi fucilati dai nazifascisti perché
oggi, oltre al ricordo della Liberazione della Città è
anche la festa del Lavoro.
Il luogo dove sorgeva lo stabilimento delle cementerie è
stato negli ultimi decenni restituito alla Città bonificato
delle strutture dellindustria. La cancellazione di quel
luogo di lavoro non deve farci dimenticare del ruolo svolto da
quellindustria, nel benessere della nostra comunità
con i suoi oltre 500 occupati e nel male causato per le ferite
rimaste sul nostro territorio senza alcuna compensazione da parte
dellItalcementi.
Vè poi la storia degli operai che animarono quellattività
industriale, una storia dimenticata ma che ha avuto momenti di
grande significato per la nostra comunità. Mi riferisco
allo sciopero del 1932 organizzato dalla cellula del PCI dai
compagni Calderini, Fiorese e Bier. Gli operai in quellanno
di grande consenso al Regime scioperarono con una manifestazione
in Piazza del Duomo. Lanno seguente vennero processati
dal Tribunale speciale 35 cividalesi ai quali vennero inflitti
56 anni di carcere.
Da ricordare il ruolo svolto dagli operai negli ultimi giorni
della guerra a presidio e difesa del loro luogo di lavoro.
Un altro evento importante si verificò nel 1961, anno
nel quale gli operai cividalesi furono allavanguardia nel
rivendicare il riconoscimento del premio di produzione a livello
nazionale ai cementieri. La Società Operaia organizzò
una sottoscrizione a sostegno delle famiglie degli operai per
lo sciopero che durò ben 38 giorni. Bisogna dire che a
supporto delle rivendicazioni degli operai tutta la Città
partecipò: Tutti i partiti (escluso lMSI), i commercianti,
gli enti e la cittadinanza intera.
Le richieste degli operai erano volte anche ad ottenere condizioni
di lavoro più umane e sicure, vi furono infatti, nel corso
dei lunghi anni di attività del cementificio diverse morti
bianche.
Il lavoro che oggi è sempre più precario e sottopagato
e che registra, nel nostro Paese, uno dei più alti tassi
di mortalità. Il lavoro è al centro della nostra
Costituzione come strumento dinclusione allesercizio
della piena cittadinanza il che implica leffettiva partecipazione
di tutti i lavoratori allorganizzazione politica, economica
e sociale del Paese. Svalutare il lavoro significa comprometterne
il significato costituzionale e al tempo stesso svilire la dignità
del cittadino lavoratore.
Viva la Resistenza---------Viva il Primo maggio----------Viva
la Costituzione
Cividale del Friuli, 1 maggio 2024 |
Luciano
Marcolini Provenza |